A Betlemme tra campi profughi e palazzi distrutti. Ciò che vediamo per me ha solo un nome: pulizia etnica
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A Betlemme tra campi profughi e palazzi distrutti. Ciò che vediamo per me ha solo un nome: pulizia etnica

A Betlemme tra campi profughi e palazzi distrutti. Ciò che vediamo per me ha solo un nome: pulizia etnica

Cosa unisce la nostra visita dei giorni scorsi a Hebron alla visione di Betlemme dall’alto dei suoi tetti? Entrambe le città sono oggi prigioni a cielo aperto. Dei bambini ci fanno salire quassù, da qui si vedono i cancelli e i checkpoint che chiudono tutta l’area urbana. Camminiamo sui tetti piatti facendoci largo fra grandi cisterne blu, che sono le loro riserve d’acqua.
All’ingresso del campo profughi c’è un grande portale in pietra, sovrastato dalla gigantesca scultura di una chiave metallica. Quella chiave racconta la storia di chi vive qui: i figli della Nakba del 1948, quando centinaia di migliaia di palestinesi furono espulsi o costretti a fuggire dalle loro terre, che ancora conservano ed espongono simbolicamente le chiavi delle loro case perdute.

Il…

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