c’è vita dopo il porno? no, c’e’ morte – barbara costa: la quasi totalità di attori porno che…
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c’è vita dopo il porno? no, c’e’ morte – barbara costa: la quasi totalità di attori porno che…

Il mondo del porno viene spesso associato alla morte, agli suicidi e alle tragedie. Le persone che lavorano nel settore vengono spesso giudicate e stigmatizzate per la scelta che hanno fatto e spesso considerate “marchiate” per il resto della loro vita. Ma è davvero vero che il porno porta alla morte?

Non è corretto affermare che il settore del porno sia quello che registra il maggior numero di suicidi. Questa percezione viene alimentata dai riflettori che ogni morte nel mondo del porno riceve e dalla narrazione moralistica che ne deriva. Se analizziamo ad esempio i suicidi nelle forze dell’ordine negli ultimi 5 anni, possiamo notare che sono stati registrati 275 casi, uno ogni 6 giorni. Ma non sentiamo nessuno collegare il fatto di indossare una divisa al destino suicida. Questo giudizio si applica solo al mondo del porno perché è considerato moralmente irregolare.

Quando analizziamo i recenti casi di suicidio o tentato suicidio di pornostar, emerge una questione diversa: non è l’impossibilità per un performer porno di continuare con la propria vita e la propria professione, ma la difficoltà di affrontare la vita dopo il porno. Molti attori e attrici porno che si sono suicidati lo hanno fatto a causa degli ostacoli nel perseguire una carriera “onorata” dopo aver deciso di lasciare il mondo del porno.

Una volta che una persona entra nel porno, viene come “marchiata”. Il porno rimane impresso non solo nel curriculum, ma anche davanti agli occhi di chiunque decida di digitare il loro nome su internet. L’oblio nel mondo del porno non esiste. Questo è un fatto che chiunque decida di intraprendere la carriera nel porno dovrebbe avere ben presente.

Prendiamo ad esempio il caso di Emily Willis, una famosissima pornostar che da due anni aveva deciso di lasciare il mondo del porno per diventare un’attrice non porno. Non sappiamo esattamente quali siano state le ragioni che l’hanno portata a tentare il suicidio con un’overdose, ma sappiamo che, non avendo avuto grandi opportunità come attrice non porno, potrebbe aver vissuto una situazione difficile.

Kagney Linn Karter, un’altra pornostar, si è suicidata nonostante avesse abbandonato il mondo del porno e stesse cercando di avere successo nella sua nuova attività di proprietaria di una palestra. Sophia Leone, invece, è stata assassinata per una rapina in casa. Questi casi dimostrano che il mondo del porno non garantisce una vita radiosa, piena di successo e felicità. Nessuna vita è completamente felice o infelice, né facile.

La scelta di intraprendere la carriera nel porno è personale e non è il porno stesso a portare droghe e autodistruzione. L’uso di droghe da parte delle pornostar è una scelta individuale e non è dovuta al mondo del porno in sé. Dobbiamo smettere di etichettare e giudicare queste persone, soprattutto dopo la loro morte.

In conclusione, il mondo del porno non è la causa principale di suicidi e tragedie. La vita dopo il porno può essere difficile a causa degli ostacoli che si incontrano nel perseguire una nuova carriera e a causa dell’etichetta che rimane impressa. Dobbiamo smettere di giudicare e stigmatizzare le persone che lavorano nel settore del porno e cercare di comprendere le loro difficoltà e rispettare le loro scelte. Non possiamo generalizzare e attribuire al porno tutti i problemi personali che queste persone possono affrontare.

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