Cinque Minuti di Tele Meloni: Bruno Vespa usa Rai1 per difendere il Governo
Cinque Minuti: Bruno Vespa difende Giorgia Meloni sulle pagine di Rai1
Il conduttore Bruno Vespa, noto per il suo programma di access primetime "Cinque Minuti" su Rai1, sta lasciando basito il pubblico con l'uso strumentale del suo talk show per difendere la Premier italiana Giorgia Meloni. Dal lunedì al venerdì, in onda tra il TG1 e Affari Tuoi, Vespa si è dedicato a tre puntate consecutive sul caso Almasri, riportato in Libia con un aereo di Stato, accusato di crimini di guerra e crimini contro l'umanità.
La prima puntata, del 28 gennaio 2025, vide Vespa chiedere alle ospiti Debora Serracchiani e Simonetta Matone se fosse vero che l'espulsione di Almasri non era stato un danno minore per l'Italia. La seconda, del 29 gennaio, vide il conduttore chiedere a Chiara Appendino e Giovanni Donzelli se Meloni potesse essere sotto ricatto a causa del flusso dei migranti provenienti dalla Libia. Infine, la terza puntata, del 30 gennaio, vide Vespa difendere a spada tratta Meloni, affermando che "in ogni Stato si fanno delle cose SPORCHISSIME! Anche trattando con torturatori" per la sicurezza nazionale.
Il pubblico di Rai1 protesta sui social media, accusando Vespa di essersi reso parte della discussione e di non mantenere l'imparzialità richiesta dal servizio pubblico. Gli utenti di Twitter scrivono che Vespa ha perso la testa e che il suo talk show è diventato un "servizio pubblico di propaganda". Alcuni accusano il conduttore di essersi reso complice della Premier italiana e di non mantenere la sua figura di giornalista imparziale.
La situazione è diventata così agitata che alcuni utenti hanno chiesto la chiusura del programma "Cinque Minuti" e l'investigazione su Vespa da parte dei PM. Altri hanno espresso disappunto per l'uso strumentale del servizio pubblico da parte del conduttore.
In sintesi, il pubblico di Rai1 protesta contro l'uso strumentale del talk show "Cinque Minuti" di Bruno Vespa per difendere Giorgia Meloni, accusando il conduttore di non mantenere l'imparzialità richiesta dal servizio pubblico.