Codogno, 5 anni fa la prima zona rossa della pandemia: “Senza memoria non c'è storia”
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Codogno, 5 anni fa la prima zona rossa della pandemia: “Senza memoria non c'è storia”

Codogno, 5 anni fa la prima zona rossa della pandemia: “Senza memoria non c'è storia”

“Ricordare per Non dimenticare: l'importanza della memoria nel superare la pandemia

Quattro anni fa, la città di Codogno fu il epicentro della prima zona rossa della pandemia. La memoria è fondamentale per comprendere e superare l'esperienza vissuta. “Senza memoria non c'è storia”, come indica un antico detto. Non può dimenticare niente, né l'incerto futuro, né il value dei sacrifici compiuti. Un paese senza memoria è un paese senza storia.

Il 21 febbraio 2020, il giorno dell'arrivo del coronavirus a Codogno, segnò l'inizio di un viaggio duro e lungo. La comunità locale fu colpita da una vera e propria “lockdown”, che causò sofferenza e disagi diffuse. Nessuno sapeva cosa stesse accadendo, e la gravità della situazione portò a sacrifici enormi. I caduti furono portati in chiese e in cimiteri, ma non era possibile nemmeno dire addio ai propri cari, come il mio marito, che fu portato a Pavia. La sera, ricevevo chiamate dai miei coniugi per informarmi delle notizie del giorno e mi faceva male sentire parlare male dei nostri infermieri e medici che hanno rischiato la vita.

In quei mesi, anche i giovani hanno accumulato fragilità che ancora oggi pagano. Il ha lasciato strascichi profondi, e non solo a livello di salute, ma anche a livello sociale e psicologico. Molti ragazzi si sono allontanati dai loro compagni, dalle loro abitudini, dal loro tempo libero e dal loro divertimento.

Hanno imparato qualcosa anche dal punto di vista sanitario. Non credo che abbiamo imparato qualcosa, ma credo che le esperienze vissute devono essere ricordate e vissute, altrimenti non servirebbero a niente. Sono cose che ci insegnano a proseguire nel cammino della vita.

Ringrazio gli infermieri, i medici, i volontari che sono stati antropomorfi e hanno rappresentato un valore inestimabile durante la pandemia. Spero che oggi, a distanza di 5 anni, la sensazione di stia sfumendo, giustamente, la difficoltà di riconoscere il valore di quei professionisti. È un dovere assoluto riconoscerlo e farlo rivivere, perché ripeteremo lo stesso errore. È un dovere essere pronti, come una volta, per non ripetere i medesimi errori. Devono essere pronti a fare di più, a rischiare di più, per salvare vite e proteggere la salute pubblica. Gli infermieri, i medici, i volontari hanno fatto del loro meglio, e spero che i nostri morti siano serviti a imparare e a capire.”


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