Il recente articolo sul quotidiano Corriere.it denuncia la WADA, l'agenzia internazionale antidoping, per essere stata “inflexibile” e politica nel suo approccio verso Jannik Sinner, il numero uno del tennis mondiale, che si è ritrovato coinvolto in un'inchiesta antidoping.
L'autore, Daniele Dellera, sostiene che la WADA non si è mostrata imparziale e trasparente nel suo lavoro, ma ha agito piuttosto per ragioni politiche. L'esempio più evidente di ciò è l'inchiesta sulla controversia dei nuotatori cinesi, che, durante le Olimpiadi di Tokyo, vennero accusati di essere stati contagiati di farmaci dall'hotelpium, un'hotel che ospitava i nuotatori.
La WADA, che aveva indagato sulla controversia, fu accusata di non avere condotto un'inchiesta approfondita e di aver accolto la versione dei fatti fornita dagli atleti cinesi, senza verificare se fosse veritiera. La sentenza sulla controversia verrà pronunciata nel febbraio prossimo.
L'autore critica la WADA per aver deciso di ricorrere alla Tribunale arbitrale antisportivo (Tas) contro Sinner, anziché lavorare per comprendere la verità e portare gli atleti coinvolti in questo episodio a giustizia. La WADA, sostiene l'autore, fa politica e non giustizia, trattando i “forti” come Jannik Sinner in modo diverso dai “deboli” come i nuotatori cinesi.
In un articolo successivo, pubblicato sul quotidiano Repubblica.it, Paolo Rossi sostiene che la sentenza contro Sinner sarà pronunciata a febbraio del 2025 e che, se condannato, potrebbe essere bloccato per un periodo di tempo, anche se potrebbe difendere il suo primo titolo Slam, gli Australian Open.
Rossi descrive il processo come un lungo e complesso iter che prevede la formazione di un collegio di tre arbitri, scelti tra gli iscritti al Tribunale, che cercheranno di raggiungere l'unanimità. L'autore sostiene che il verdetto finale dipenderà dall'interpretazione delle norme da parte dei giudici e dalla loro capacità di prendere una decisione imparziale.