Emanuela Orlandi, Ratzinger voleva sapere la verità, cosa si nasconde sotto Santa Maria Maggiore?
Emanuela Orlandi, Ratzinger voleva sapere la verità, cosa si nasconde sotto Santa Maria Maggiore? Ieri, Monsignor Valentino Miserà, maestro di canto corale di Emanuela Orlandi, è stato ascoltato dalla commissione bicamerale di inchiesta che indaga sulla misteriosa scomparsa della giovane cittadina Vaticana avvenuta il 22 giugno 1983. La sua testimonianza è di particolare rilevanza poiché è stato l'ultimo docente a vedere Emanuela prima della sua sparizione all'interno della scuola di musica di Santa Polinare.
Nel corso delle indagini è stato fatto anche un altro nome, quello di un allievo della scuola di musica frequentata dalla ragazza, Alberto Laurenti. Durante la sua dichiarazione alla commissione, Miserà ha confermato di essere già stato interrogato dal Vaticano nel 2012 a seguito di un'inchiesta interna condotta da papa Benedetto XVI per fare luce sulla questione. Secondo quanto riportato, sarebbe stato convocato dal capo della gendarmeria del Vaticano alla presenza dell'assessore della segreteria di Stato. Afferma però di non sapere se oltre a lui siano stati ascoltati altri esponenti della Chiesa.
Gli elementi emersi durante l'audizione di Miserà hanno riportato un incontro avvenuto alcuni anni dopo con Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, e Francesca Immacolata Cauchi, ex membro della commissione sui conti del Vaticano. Cauchi avrebbe parlato dell'esistenza di una cassa contenente documenti e oggetti cruciali per svelare il mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi, cassa che sarebbe stata nascosta nei sotterranei della Basilica di Santa Maria Maggiore.
Secondo quanto affermato dalla Cauchi, la cassa sarebbe stata consegnata nelle mani del Cardinale Santo Spirito e successivamente depositata nel cimitero dei canonici della Basilica. Miserà ha sottolineato che, pur essendo Canonico della Basilica di Santa Maria Maggiore, non ha accesso a quell'area, che è attualmente sotto commissariamento. Pietro Orlandi aveva già denunciato pubblicamente la difficoltà di accedere ai sotterranei della Basilica, incontrando tre porte chiuse a chiave che impediscono l'ingresso.
Nel corso delle indagini è emerso anche il nome del musicista Alberto Laurenti, ex allievo della stessa scuola frequentata da Emanuela. Laurenti oggi musicista di successo, ha preso le distanze dalle speculazioni riguardanti il suo coinvolgimento nel caso. Il mio rapporto con Emanuela si limitava a timidi sguardi e rapidi saluti tra adolescenti che frequentavano una volta a settimana i corsi di canto corale presso l'Istituto Vaticano Ludovico da Victoria di piazza Santa Polinare a Roma.
Laurenti ha inoltre espresso la sua indignazione per le ricostruzioni fantasiose che vedono il suo nome associato a quello di Emanuela Orlandi, affermando però di essere stato ascoltato dagli inquirenti già all'epoca della scomparsa della ragazza come persona informata dei fatti.
Il magistrato incaricato di indagare sulla vicenda, Ilario Martella, ha proposto di ripercorrere la vicenda dal principio, indagando sulle false piste emerse in epoche più recenti e arrivando all'unica soluzione possibile: i due casi fanno parte di un unico disegno criminale di una gigantesca e articolata operazione di distrazione di massa compiuta da uno dei servizi segreti più efficienti e famigerati della guerra fredda, la Stasi tedesca.
L'autore ricostruisce i dettagli di un'operazione spionistica di altissimo livello nata per sviare l'attenzione pubblica. Dalle indagini che partendo dall'attentato al Papa avevano aperto la celebre pista bulgara, lo stesso Giovanni Paolo II in visita alla sua famiglia definì “Il rapimento di Emanuela un Intrigo internazionale”.
Infine, è stato rintracciato un ulteriore indizio: un uomo che si era presentato come l'americano, che il 7 luglio 1983 aveva telefonato a casa Orlandi e disse di essere il rapitore di Emanuela. Come prova fornì un indizio molto intimo sulla ragazzina, dicendo che “Infatti Testualmente a tua ragazza piace un ragazzo di nome Alberto che ora fa il militare”. Emanuela aveva una cotta per il suo compagno di musica Alberto, 19 anni, e lui ricambiava. Quando Emanuela scomparve il 22 giugno 1983, lui stava effettivamente facendo il militare a Orvieto da appena un mese. L'indizio intimo dell'americano chi poteva saperlo solo qualche amico molto stretto di Emanuela e di Alberto e qualche familiare con cui poteva essersi confidata.
La mamma di Emanuela confermò di aver saputo di questa simpatia Emanuela qualche parola su di lui l'aveva detta, ma era una ragazzina piuttosto riservata. I carabinieri interrogarono Alberto il 20 luglio e lui fornì un ulteriore fondamentale elemento: era Orvieto a militare, ma la sera del 22 giugno era a Roma in licenza. Era partito da Orvieto alle 7:30, poi era stato a Ostia dai genitori alle 22:30, era stato ricoverato all'ospedale militare Celio e ci era rimasto due notti.