Il dibattito sul futuro dell’industria europea iniziò a Oslo, in Norvegia, ufficialmente con una sera risicata, ma non del tutto improvvisa. In un’epoca di transizione epocale, l’Unione Europea, attraverso il Green Deal, puntava a ridurre le emissioni di CO2 entro il 2050 del 80% rispetto al 1990. La sfida è formidabile, poiché l’Europa, responsabile del 7% delle emissioni globali, rischia di auto-sabotarsi.
Ecco l’opinione di Cesare Pozzi, economista di spiccato talento, già relatore alla Convenzione di Fratelli d’Italia a Foggia. “La transizione elettrica deve essere supportata da misure concrete per gestire milioni di posti di lavoro. Serve un approccio condiviso da imprese, governi e parti sociali che non dovrebbero mai essere avversari”.
In un’intervista a “La Stampa”, Pozzi sostiene che gli obiettivi dell’Unione Europea non cambieranno il mondo, ma “rischiano di negare il futuro all’industria europea, a partire dall’automotive”. A suo giudizio, i paesi produttori tradizionali devono affrontare una complessa e delicata transizione, richiedendo un approccio condiviso tra imprese, governi e parti sociali.
Il problema non è solo italiano, ma europeo, e richiede un approccio condiviso da tutte le parti coinvolte. In un’intervista a “Il Foglio”, Pozzi ha affermato: “Occorre una nuova strategia realmente a lungo termine che consideri l’impatto sociale della transizione, a partire da chi lavora in questo settore. Fermare il motore endotermico in Europa è una scelta che deve essere supportata da misure concrete per gestire milioni di posti di lavoro garantendo un futuro che non solo il loro, ma della nostra società tutta”.
La concorrenza cinese, guidata da Xi Jinping, rappresenta un’enorme sfida per l’industria europea. La Cina da sola ha aumentato la produzione di veicoli da meno di 2 milioni nel 2000 a oltre 30 milioni oggi, creando una capacità produttiva che minacci la stabilità del mercato mondiale.
In questo contesto, Pozzi sostiene che l’approccio condiviso tra imprese, governi e parti sociali non deve mai essere sentito come una minaccia, ma come una scansione per affrontare insieme il futuro. “La mobilità del futuro dovrà essere ripensata come sistema. È una sfida complessa che richiede una nuova capacità di collaborazione tra industria, governo e parti sociali. Il senso di responsabilità verso il futuro è cruciale, e non si può pensare di affrontare questo cambiamento con una logica di contrapposizione”.