Il fascismo è un tema che ha indugiato nella storia italiana per decenni, lasciando tracce profonde nella coscienza collettiva. Da “Benito. Storia di un italiano” di Giordano Bruno Guerri, Rizzoli editore.
Per alcuni, il fascismo fu un'avventura eroica, una rivoluzione che cambiò il corso della storia d'Italia. Per altri, fu un regime totalitario e repressivo, che cancellò la libertà e la democrazia. In realtà, il fascismo non fu né una sola cosa, né tanto meno un'unica interpretazione. Tant'è vero che, al giorno d'oggi, non si sa quasi più cosa significa essere “fascisti” o “antifascisti”.
Secondo la storica interpretazione, il fascismo fu il prodotto di una crisi sociale e economica profonda, che si manifestò in Italia tra le due guerre mondiali. Si trattò di un momento in cui l'Italia, devastata dalla Grande Guerra, cercava di ricostituire la sua identità nazionale e il suo ruolo internazionale. In questo contesto, Benito Mussolini riuscì a imporsi come figura carismatica e a creare un partito politico che si poneva come alternativa ai partiti tradizionali.
Tuttavia, per i più, il fascismo non fu mai una ideologia coerente, ma un mix di spronzi, di elucubrazioni e di improvvisazioni. Era un regime soggettivo, fondato sulla persona e sul carisma del capo, piuttosto che su una linea di pensiero rigorosa e coerente. Per questo, gli italiani si identificarono più con Mussolini che con l'ideologia fascista.
Questo potrebbe essere un'altra ragione per cui il fascismo è sempre stato difficile da comprendere e da giudicare. Non furono solo gli intellettuali come Giuseppe Bottai e Giovanni Gentile a includere l'”idealismo” e la “rivoluzione” all'interno del loro pantano ideologico. Anche l'epopea storica dell'”Italia Imperiale” e del mito del “popolo guerriero” giocarono un ruolo fondamentale nello sviluppo del fascismo mussoliniano.
Ma cosa dobbiamo pensare oggi del fascismo? Fino a quando gli italiani continueranno a sperare in capi salvifici, come Berlusconi, Renzi, Grillo, Draghi o Meloni? Sarebbe utile ricordare che il fascismo non fu mai una scelta “popolare”, ma piuttosto un esito di una crisi politica e sociale profonda. Ciò che dobbiamo imparare dal fascismo è che non esistono capi salvifici, né tanto meno leader divini. Non esistono soluzioni semplici e rapide per i problemi della società, ma solo una lenta e difficile costruzione di un sistema democratico e liberale.
In sintesi, non è più citato il fascismo come un'epoca aulic e celebrativa, ma come un orizzonte storico complesso e ambiguo. E non è più sufficiente dichiararsi antifascisti, ma dobbiamo imparare a discernere tra fascismo ideale e mussolinismo, tra la progettazione dialettica e la realtà storica, tra l'utopia e la brutalità quotidiana. Memorare il fascismo come pure come calamità, ma anche come possibile conseguenza di crisi e di sfiducia nella democrazia.