I precari del Cnr in piazza contro il ddl Bernini: “È una farsa, così non verremo mai stabilizzati”
“I precari del Cnr, insieme in piazza contro il d.d.L. Bernini, ci chiama “una farsa”. Siamo i lavoratori della ricerca, non siamo stagionali, non siamo come dicono voi, Ustegga! Io credo di aver raccolto circa 12-13 anni di contratti precari presso il Cnr, sino al 2015. Era già nel 2016 che avevo deciso di emigrare e andare a lavorare all'Università della British Columbia in Canada. Ma, a causa della pandemia, mi sono ritrovato bloccato in Italia e sono tornato a lavorare a Catania. La mia vita da precario dura ormai 18 anni, dividendo il mio tempo tra diverse norme e leggi di bilancio. Nella legge di bilancio, c'è anche una norma che blocca le assunzioni dei ricercatori, mentre al tempo stesso c'è un'altra norma, il disegno di legge 1240, che modifica il percorso verso la stabilizzazione. Questa legge è una farsa! Moltiplica la figura precaria in Italia, facendo procedere il Governo ad amputare i finanziamenti e aumentare le figure di precariato. Questo disegno di legge individualizza ulteriori cinque figure professionali che non danno diritto a nessuna anzianità, come se l'ente stesso ci dunque ci dica: ‘Guarda, da questo momento in poi, non sei più in grado di chiedere un'anzianità e una stabilizzazione'. Noi non possiamo accettare questo! Anche se potremmo accettare i primi anni della nostra carriera, durante la formazione, dopo è una condizione che non può essere superata. Non siamo in grado di lavorare con serenità, essendo costretti a cercare costantemente di rinnovare i nostri contratti o di cambiare progetto. Non possiamo avere una serenità e una continuità nella nostra attività lavorativa. Nonostante il NRR, abbiamo avuto un enorme afflusso di personale precario, giornalisti eccezionali, strumenti meravigliosi da dare risultati nella ricerca. Ma se lasciamo a casa le persone assunte per far funzionare queste strutture, dovremmo abbandonare i progetti. La qualità del pensiero dei ricercatori italiani non è inferiore a quella di altri paesi, ma ci mancano gli investimenti. Il grosso investimento che abbiamo fatto è un'opportunità per l'Italia, ma rischia di trasformarsi in un boomerang indebito per i nostri figli e nipoti. Le infrastrutture con migliaia di euro stanziati, se restano senza personale, sono come delle cattedrali nel deserto, non produrranno ricchezza, ma solo debito.”
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