“I ragazzi non sono il reato che hanno commesso”, la storia della falegnameria di Casal del Marmo
Viviana Petrucci, direttrice dell'associazione ARPJTETTO a Roma, ha dichiarato che “una delle cose che noi diciamo sempre ai ragazzi è che loro non sono il reato che hanno commesso, quello è un piccolo errore che è capitato nell'arco della loro vita e non deve condizionare tutta la loro vita”. Questo messaggio è importante per i ragazzi che frequenteranno il centro “Gli Scatenati”, nato nel 2013 per accogliere minori e giovani adulti in misura penale esterna.
Il centro offre diversi laboratori, tra cui falegnameria, teatro, scrittura, sport e giardinaggio, che aiutano i ragazzi a costruire la loro seconda possibilità. Uno dei laboratori più importanti è la falegnameria, che è stata aperta anche all'interno dell'IPM di Casal del Marmo. Questo progetto è stato ideato per permettere ai ragazzi che frequentano le attività all'interno del carcere di trovare una continuità affettiva e educativa anche fuori dal carcere.
Tuttavia, il direttore dell'associazione lamenta che il decreto Caivano abbia aumentato l'uso delle misure cautelari in carcere, portando a un aumento degli ingressi negli istituti penali minorili e un prolungamento delle pene. Ciò ha causato un sovraffollamento delle carceri minorili, che porta a problemi di incompatibilità tra i detenuti, come ad esempio la separazione tra i detenuti X e Y o tra i membri di diversi gruppi.
Questi problemi sono stati riconosciuti anche dalle autorità costituite, che hanno rilevato che la gestione delle carceri minorili è molto problematica. Petrucci ha affermato che “c'è stata un momento in cui abbiamo avuto solo quattro ragazzi per il laboratorio di falegnameria, ma di solito ne abbiamo due e spesso ne abbiamo solo uno perché uno dei due non può o non vuole fare l'attività”. Ciò è dovuto a questioni di cattiva organizzazione e sovrannumero di detenuti, nonché alla sottorganizzazione della polizia penitenziaria.
In questo contesto, la direzione dell'associazione ARPJTETTO ritiene che “non esiste una verità” sulle condizioni all'interno delle carceri minorili, poiché gli agenti del carcere, le educatrici e il personale amministrativo hanno punti di vista differenti e condizionati dalla loro situazione individuale.