Il lato oscuro del K Pop: dai suicidi dei teen idol all'ossessione per l'estetica
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Il lato oscuro del K Pop: dai suicidi dei teen idol all'ossessione per l'estetica

Sullo schermo dei social media, un'ombra cala sul K-pop, il sistema musicale coreano che ha conquistato milioni di fan globale. Al centro di questa ombra, il caso di Wheesung, star del K-pop deceduto a 43 anni, giorno della sua morte. La notizia giunge dopo una serie di episodi di morti prematuri di artisti e attori coreani.

«Sono scappato perché ho visto che era un mondo così, avrei dovuto recitare un ruolo troppo diverso da quello che ero io e secondo me il gioco non valeva la candela», racconta Seoul Mafia, un content creator italiano che ha vissuto per 13 anni in Corea del Sud e ha lavorato come ballerino. «Succede che sei una macchina. Quando sei al tuo top tutti ti amano e tutti ti adorano, quando incominci a essere un po' meno rilevante… Il peso di essere sempre così performante, perfetto è eccessivo».

L'esempio di Wheesung, star del RnB coreano, è emblematico di un problema intricato: l'industria musicale coreana, che ha esigenze estreme dietro la superficie scintillante. «Il K-pop è un'industria che funziona come una catena di montaggio che crea nuovi gruppi in continuazione, pronta a sostituire senza battere ciglio chiunque non regga il ritmo. La competizione spietata tra idol – unita alle pressioni di un'industria musicale che funziona come un tritacarne – ha portato nei casi più estremi anche a suicidi, come succede spesso nell'industria coreana del K-pop, notano Seoul Mafia e Wad in uno spettacolo di Radio Deejay.

L'ossessione per la skincare, la cura della pelle, è un altro aspetto della cultura coreana che Seoul Mafia chiarisce in un'intervista su Say Waaad?!: «Facciale perché è quella che si vede. Hanno degli standard completamente diversi, anche il colore della pelle che deve essere chiaro perché più chiaro è, più vuol dire che non prendi il sole, quindi è una pelle più sana. In generale, quello che si vede deve essere perfetto». La sua esperienza di 13 anni in Corea del Sud gli consente di_CONSTANTemente diventare un osservatore acuto del sistema.

Il K-pop, spesso visto come un'industria “maestosa” e “scintillante”, nasconde un lato oscuro. Gli artisti devono lavorare sodo e fare sacrifici persino da bambini, soprattutto se desiderano diventare “idol”, ovvero cantanti e performer con una forte presenza mediatica e un'immagine attentamente costruita per il pubblico. Il contratto con le agenzie che li rappresentano è spesso legato a clausole durissime, rendendoli “schiavi” della loro attività.

Gli idol devono anche rispettare standard di bellezza rigidissimi. Il K-pop è anche estetica e perfezione che, unite all'ossessione per l'immagine della cultura coreana, spesso sfocano in diete estreme o chirurgia plastica. Gli artisti devono fornire uno standard da seguire per i fan e la popolazione, pertanto anche essere leggermente “fuori forma” è un problema.

La pressione delle critiche e il rischio di perdere il lavoro spesso portano ad ansia, depressione e disturbi alimentari che, tuttavia, non vengono trattati o nemmeno presi sul serio. Se un artista non funziona più, c'è sempre un altro pronto a prendere il suo posto.

La lista delle morti prematuri di artisti e attori coreani è lunga e preoccupante. Sulli, ex membro delle f(x), e Goo Hara, ex membro delle Kara, sono solo due esempi recenti di ragazze che hanno lottato per la loro libertà individuale e la loro salute mentale. La cultura coreana sembra non tener conto dei sintomi di ansia e depressione che affliggono molti artisti e attori, troppo spesso relegati in silenzio e senza alcun aiuto. Eppure, la vita può ancora prendere.

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