Il mondo di Trump: il diritto internazionale e gli accordi ad personam

Il mondo di Trump: il diritto internazionale e gli accordi ad personam

Il mondo di Trump: il diritto internazionale e gli accordi ad personam

La giornata di ieri sarà ricordata nella storia come un momento cruciale nel nuovo panorama geopolitico globale. Il viaggio di in Israele è stato contestuale alla liberazione degli ostaggi israeliani e alla scarcerazione di circa 2000 prigionieri palestinesi detenuti perlopiù illegalmente da Israele nelle sue carceri.

Le immagini degli abbracci tra gli ex ostaggi e le loro famiglie al ritorno a casa sono state veicolate come simbolo di un successo diplomatico, una nuova alba per il Medio Oriente, come l'ha definita lo stesso presidente degli Stati Uniti alla Knesset. Tuttavia, sotto la patina delle celebrazioni e degli abbracci tra i potenti che decidono sulla vita e sulla morte delle persone, la realtà di questo scambio mette in luce le profonde asimmetrie di questo conflitto.

La liberazione di quasi 2000 prigionieri palestinesi, sebbene sia un momento di sollievo per le loro famiglie e il loro popolo, solleva interrogativi amari sul futuro. Quanti di questi posti nelle carceri israeliane saranno presto riempiti? La storia recente suggerisce un ciclo di detenzione senza fine in un territorio sotto occupazione militare dove vige la legge militare.

L'assenza di un'accusa formale e il ricorso alla detenzione amministrativa prorogabile arbitrariamente rendono la libertà dei palestinesi un bene precario, sempre subordinato agli interessi di sicurezza israeliani. Il discorso di Trump alla Knesset è stato il manifesto di questa visione, con l'elogio a Benjamin Netanyahu per l'uso delle armi fornite dagli Stati Uniti, apparso come la naturale apoteosi di un sistema in cui la forza militare e gli interessi nazionali prevalgono su ogni considerazione etica o legale.

In questo contesto, Hamas sarà la polizia di Gaza, mentre Trump chiede la grazia per Netanyahu, entrambi assenti alla firma della pace. La vera rilevanza della giornata di ieri va oltre lo scambio di prigionieri, segnando un pilastro fondamentale nel nuovo ordine mondiale che intende plasmare a sua immagine e somiglianza, un ordine non più ancorato al diritto internazionale e alle leggi emerse dalla seconda guerra mondiale, ma basato su una logica transnazionale di interessi personali di leader autocrati e accordi bilaterali spesso a scapito dei popoli e senza il rispetto dei principi democratici.

L'accordo di pace firmato ieri non è una pace nel senso tradizionale, ma una versione rivisitata e ampliata degli accordi di Abramo, un patto geopolitico incentrato su accordi commerciali, speculazione edilizia e intese su armi, petrolio e ricerca militare. Un elemento chiave è stato l'apparente normalizzazione dei rapporti con la Siria, guidata dal leader di un gruppo che fino a ieri era un nemico giurato degli Stati Uniti.

La giornata di ieri è stata l'affermazione di un ordine basato sulla supremazia della forza e dell'interesse, un ordine che ha cancellato, almeno sulla carta, la questione palestinese. Tutto questo pochi anni fa sarebbe sembrato incredibile, un qualcosa di strano, un qualcosa che sarebbe davvero sembrato una sceneggiatura da Black Mirror, una puntata distopica di un ordine mondiale fatto da persone, da businessmen e non più basato sulla diritto internazionale. Oggi invece è realtà e la realtà diventa sempre più pericolosa nel momento in cui tutto questo viene normalizzato.

In Italia, intanto, si sono svolte le elezioni regionali in , dove il centrosinistra ha vinto con il 34,5% dei voti, mentre la Lega ha ottenuto solo il 4,3%, non sufficiente per entrare in consiglio regionale. Questo risultato conferma l'inesistenza di un terremoto politico in Italia e mostra come la situazione sia sostanzialmente immutata rispetto alle precedenti elezioni. La vera preoccupazione è la bassa affluenza alle urne, con solo il 47,7% degli elettori che ha partecipato al voto, segno di una disaffezione verso la e verso le istituzioni democratiche.


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