il ripassone di milena gabanelli sul voto americano: come funziona, perche’ si vota il martedi’…
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il ripassone di milena gabanelli sul voto americano: come funziona, perche’ si vota il martedi’…

È arrivato il momento delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti e il 5 novembre, gli americani saranno chiamati a votare per scegliere il nuovo Presidente. Il processo è lungo e complesso, eppure molto simile a quelli delle democrazie occidentali, ma con alcuni peculiarità. Come spiega Milena Gabanelli, giornalista del Corriere della Sera, “non è più sufficiente conquistare il più alto numero di voti per diventare Presidente, ciò che conta è il voto dei Grandi elettori, che sono 538, scelti dai partiti politici”.

L'istituzione dei Grandi elettori risale al 1787, quando la Constitutional Convention di Filadelfia decise che il Capo dello Stato sarebbe stato scelto da un organismo autonomo e non dagli stessi cittadini. I Grandi elettori sono individuati dai partiti politici e non devono avere alcun legame con la soprascrittura dei poteri federali e sono responsabili di esprimere il loro voto all'prima votazione disponibile.

La scelta dei Grandi elettori ha una storia lunga e complessa e spiega come sia possibile che un candidato che vince la conta nazionale possa perderla alla fine. Questo avvenne nel 2016, quando Hillary Clinton raccolse tre milioni di voti in più di , ma non riuscì a diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti. Inoltre, il 5 novembre, gli americani non troveranno il nome di Trump o Harris sulla scheda, ma quello dei Grandi elettori, che esprimono il loro voto a partire dai voti espressi dai cittadini.

La scelta dei Grandi elettori segue un meccanismo complesso, in cui ogni Stato ha un numero di elettori basso, ma che si sommano a 538, che è il numero totale di Grandi elettori. Inoltre, il sistema è basato su una formula di maggioritario puro, il che significa che in 48 Stati su 50, se un candidato ottiene un solo voto in più, ottiene tutti i seggi del suo Stato. Questo sistema può causare confusione e spin recycling, come nel caso di Clinton nel 2016, ma nonostante ciò, è questo il sistema che ha assicurato sopravvivenza della democrazia americana.

L'ultima è il motivo per cui gli Stati Uniti non votano il sabato o la domenica, ma martedì. La scelta risale al 1845, quando il Congresso stabilì che novembre era il mese più adatto per le elezioni, in quanto erano terminate le raccolte, gli elettori, per lo più possidenti terrieri, si potevano spostare per votare. Si scartò subito la domenica, in quanto giorno dedicato al riposo, si scelse il primo martedì del mese per dare il tempo di raggiungere i seggi, a cavallo o in calesse.

Inoltre, il voto negli Stati Uniti è regolato da parametri specifici. I candidati devono essere nati negli Stati Uniti, residenti nel Paese da almeno 14 anni e aver compiuto i 35 anni. In teoria, può presentarsi chiunque soddisfi questi requisiti, ma in realtà la competizione è gestita dai due partiti politici, i democratici e i repubblicani, che organizzano veramente consultazioni in ciascuno Stato, chiamando gli elettori a indicare direttamente chi dovrà sfidare il campione dell'altro partito. Inoltre, è importante che i voti vengano scrutinati insieme nell'elezione day o, al massimo, alcuni giorni dopo, in modo che nessun elettore possa essere condizionato da una parte dei risultati resi noti in anticipo.

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