In 20mila a Milano al corteo per il Leoncavallo, Claudio Bisio: “Chiudere questi posti è una follia”
Circa 20.000 persone hanno partecipato a un corteo a Milano per protestare contro lo sfratto del centro sociale Leoncavallo, eseguito il 21 agosto. La manifestazione ha visto la presenza di vari personaggi noti del mondo dello spettacolo, come Claudio Bisio, Paolo Rossi e Cosmo. Il corteo è partito da Porta Venezia verso le 14:30 e ha raggiunto piazza Duomo intorno alle 19. Ci sono stati alcuni momenti di tensione alla fine, quando alcuni giovani manifestanti sono saliti sul monumento in piazza e la polizia si è schierata.
Prima del corteo ufficiale, altri centri sociali sono scesi in piazza partendo dalla Stazione Centrale di Milano. Prima di raggiungere il punto di partenza del corteo per il Leoncavallo, sono entrati nel cantiere del Pirellino della società di Coima, srotolando uno striscione con la scritta “contro la città dei padroni”.
Tra i presenti, Claudio Bisio ha dichiarato: “Chiudere questi spazi è una follia. Quando ho iniziato a fare questo mestiere a fine anni '70, noi del teatro dell'Elefante tenevamo lì le scenografie, i primi spettacoli, le prove aperte al pubblico. Non è solo la chiusura del Leoncavallo, è uno sgombero al quale abbiamo reagito in questo modo, cercando di non restare chiusi dentro una vicenda personale, ma di rilanciare le nostre idee e vedere se qualcuno rispondeva”.
Bisio ha sottolineato l'importanza di difendere i centri sociali e gli spazi autogestiti, sostenendo che sono fondamentali per avere un'alternativa alla cultura ufficiale e per poter elaborare una visione del mondo diversa. Ha anche espresso la necessità di mantenere la possibilità di avere spazi autogestiti, oltre a quelli ufficiali e pubblici.
Inoltre, ha fatto un'autocritica al centrosinistra per non aver trovato una soluzione per il Leoncavallo in tre amministrazioni, sostenendo che questo ha portato alla risposta della destra, che è fatta di repressione, sgomberi e punizione. Ha concluso con un appello a difendere i centri sociali e gli spazi autogestiti, sostenendo che è giusto e doveroso farlo per difendere un'altra idea di città e di paese.
