In ferie per accogliere i migranti che transitano da Trieste. Così “la pratica politica della cura” sostituisce le istituzioni
Alle cinque del pomeriggio piazza della Libertà è quasi vuota. Basta attraversare la strada per entrare nella stazione ferroviaria di Trieste e tra poco lo farà anche una coppia curda che tiene d'occhio i quattro figli da una panchina in penombra. Il più piccolo avrà due anni, il più grande al massimo sette. Lanciano qualche briciola a gabbiani litigiosi, grossi come tacchini. Poi tornano a passarsi un pallone che sembra masticato da un orso. La rotta balcanica non sempre finisce a Trieste: arriva almeno a Milano ed è lì che devono andare. Un operatore dell'Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) si avvicina offrendo informazioni. Parla la loro lingua, ma viene respinto con gentile diffidenza. Poi una telefonata: raccolgono in fretta due zaini, i…