“La piazza non si precetta. Rischio di svolta autoritaria”. Landini infiamma la piazza di Bologna
Ecco la traduzione in italiano delle 800 parole:
“La piazza non si precetta. Rischio di svolta autoritaria”. Landini infiamma la piazza di Bologna, e vorrei dare un'informazione che se mettiamo assieme i numeri di tutti quelli che oggi hanno deciso di scendere in piazza, possiamo tranquillamente dire che più di 500.000 persone oggi in tutta Italia hanno scelto di essere in piazza per difendere la libertà e i diritti di tutti, ed il messaggio molto chiaro non solo che la piazza non si precetta, ma che noi siamo qui tutti assieme per difendere l'integrità della persona umana, che per vivere ha bisogno di lavorare. E quello che noi stiamo chiedendo è che al centro della discussione politica e sociale in Italia e in Europa torni ad essere la persona, il lavoro e non il profitto, non il mercato, non la speculazione finanziaria.
Lo diciamo proprio perché il diritto di sciopero è un diritto di libertà, non è un caso che tutti i regimi autoritari e antidemocratici, come primo atto nella storia, hanno sempre messo in discussione il diritto di sciopero e hanno sempre chiuso e assaltato le sedi sindacali. C'è un elemento di storia molto precisa: se in questo paese e se in Europa c'è la democrazia, è perché il mondo del lavoro, le lavoratrici e i lavoratori, anche quando si operavano, significava correre il rischio di morire, di essere portati in campi di concentramento. Il mondo del lavoro non ha mai rinunciato alla sua libertà e all' necessità di battersi per conquistare la democrazia.
Se il fascismo e il nazismo sono stati sconfitti e grazie al mondo del lavoro, è bene che quelli che in queste ore hanno tentato di mettere in discussione questo diritto debbono sapere e ricordare che anche in Italia esiste proprio perché il mondo del lavoro ha sconfitto prima il fascismo e il nazismo e poi il terrorismo rosso e nero di qualsiasi colore. E proprio per questo, tra le regioni che ci hanno portato oggi in piazza, c'è anche una richiesta molto precisa che abbiamo avanzato anche nelle audizioni parlamentari e anche incontri pochi che abbiamo avuto con il governo: lo chiediamo con molta forza, il decreto che loro chiamano sicurezza, quel decreto va ritirato.
La sicurezza di un paese non è messa in discussione se le persone sentono in piazza la sicurezza di un paese non in discussione. Se i lavoratori di fronte al rischio di licenziamento occupano le fabbriche, occupano le strade, anzi ce lo vogliamo dire: se molte imprese sono ancora aperte e non sono passati i licenziamenti o le chiusure o in alcuni casi si è riusciti a tenere aperto quelle attività industriali grazie alle lotte, agli scioperi, alle occupazioni, ai blocchi stradali delle lavoratrici e dei lavoratori.
E l'abbiamo detto io e Pierpaolo direttamente alla presidente o al presidente del consiglio, come si vuol far chiamare quando ci siamo incontrati. Se ad esempio ne cito una perché qui han parlato altri lavoratori, ma ne cito una per tutti: se ad esempio a Napoli la Wpol che chiudeva è ancora aperta e si è trovata una prospettiva occupazionale e per perché per 2 anni quei lavoratori e quelle lavoratrici hanno occupato quella fabbrica, hanno manifestato ed è grazie a loro che si è salvata quell'attività industriale.
Se passa quel decreto che oggi stanno facendo votare in Parlamento con quella legge, quei lavoratori sarebbero stati arrestati. Vi è chiaro cosa stanno facendo. Non c'è solo un attacco al diritto di sciopero generale, no c'è il rischio di una vera e propria svolta autoritaria e antidemocratica. Ed è per questo che non possiamo stare a guardare: abbiamo bisogno di scendere in piazza e di difendere quei diritti e di allargare la nostra azione.
Lo diciamo perché siccome siamo stati accusati di non fare i sindacalisti, c'è stato detto che facciamo politica e io lo dico in modo molto esplicito e chiaro: sì, è assolutamente vero, noi tutti assieme facciamo politica. Ma noi pensiamo alla politica, quella che è una cosa seria, quella politica che parte dai problemi delle persone in carne ed ossa, che mette al centro proprio i bisogni essenziali delle persone.
Lo diciamo perché per noi, ed è la ragione per cui siamo qui, la dico a modo di slogan: Ma perché sia chiaro per noi un altro paese è possibile costruirlo, dove in modo molto chiaro ne voglio dire una: noi abbiamo una caratteristica che per essere contenti, per essere felici, noi abbiamo bisogno che anche gli altri attorno a sé siano contenti. Noi non ce la facciamo a dire che stiamo bene se attorno a noi la gente che lavora sta male o non arriva alla fine del mese.
Il messaggio che stiamo mandando a tutti è proprio quello di dire alle persone che non si rassegnino, che non si sentano sole, non vogliamo lasciare le persone sole di fronte ai loro problemi e alle loro paure. Anzi, il messaggio che gli vogliamo dare è proprio questo: la funzione fondamentale di un sindacato che vuole essere un sindacato confederale è quello di mettersi insieme, di mettersi insieme con solidarietà, perché il problema di una problema di tutti. E questa è la politica. Questa è la nuova politica che noi vogliamo fare”.