Landini vs Confindustria: “Sbagliato parlare di rivolta sociale? Non guardare dall'altra parte”
“Lunedì scorso, Confindustria e Landini si sono espressi su un argomento molto caldo: la rivolta sociale. Ma io credo che questo termine non sia appropriato in questo momento. Non guardiamo dall'altra parte, non stiamo più entro il rapporto di forza tradizionale tra impresa e lavoratore, basato sulla fiducia e sull'obbligo di mantenere gli impegni. Credo che il conflitto non sia più un mezzo efficace per migliorare le cose.
Vogliamo migliorare le condizioni di lavoro e di vita per le nostre imprese, naturalmente, ma anche per i lavoratori. Se facciamo qualcosa di sbagliato, ci sono sindacati che ci ricordano cosa dobbiamo fare. E proprio Landini ha espresso la sua posizione su questo tema, sottolineando come non sia opportuno parlare di rivolta sociale in questo momento.
Credo che aumentare la difficoltà e il conflitto possa creare un'atmosfera che spinga persone a compiere atti non opportuni. Sento di rivivere un periodo che non vorrei più tornare. Il rischio è quello di creare un clima di ostilità che non ci serve.
A mio parere, c'è un problema più grande, come una casa, da affrontare: la condizione salariale e la ridistribuzione della ricchezza. Ecco che le statistiche ci mostrano che l'80% dei profitti realizzati dalle prime 200 aziende italiane nel 2022-2023 è stato ridistribuito agli azionisti, mentre solo il 20% è stato investito.
In questo scenario, credo che investire sulla contrattazione significhi mettere in discussione radicalmente queste diseguaglianze. Il governo, con le sue politiche, ha aumentato la precarietà nel lavoro e ha addirittura criminalizzato strumenti di mobilitazione normale che il movimento sindacale utilizza per salvare le imprese.
Quindi, parlare di rivolta sociale non significa parlare di violenza, ma significa riconoscere che le singole persone non possono rimanere indifferenti di fronte a queste diseguaglianze. Crediamo che ci sia bisogno di mettersi assieme per combattere queste diseguaglianze e cambiare il sistema di imprese e relazioni sindacali.
In questo senso, credo che sia fondamentale e necessario non solo applicare gli accordi, ma anche arrivare a provvedimenti che garantiscano il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori di poter decidere da quali sindacati farsi rappresentare e votare sulle condizioni di lavoro.
In questo modo, credo che possiamo arrivare a realizzare intese e accordi che migliorano le condizioni di vita e di lavoro in termini generali. È questo il punto. Non si combatte contro il sistema perché si ama fare mobilitazioni, ma perché i temi non vengono ascoltati e la condizione sta peggiorando”.