“L’assenza di diritti genera povertà. La crescita economica non è sufficiente se non è inclusiva”
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“L’assenza di diritti genera povertà. La crescita economica non è sufficiente se non è inclusiva”

“L'assenza di diritti genera povertà. La crescita economica non è sufficiente se non è inclusiva”

“L'assenza di diritti genera povertà, la crescita economica non è sufficiente se non è inclusiva. Siamo tutti nella stessa tempesta e noi, a prescindere dallo yacht o dalla barca, camminiamo insieme in questa tempesta. Il problema non è l'assenza di diritti, ma l'impossibilità di avvalersi di essi. La povertà è strettamente legata a situazioni specifiche, come l'assenza di un'abitazione stabile, la disoccupazione lunga, l'anzianità isolata.

Oggi la povertà è cambiata, coinvolgendo nuclei familiari, in particolare i minori, ed è divenuta una situazione sempre più diffusa. La povertà è spesso legata a nuclei monoreddito che non basta più a sostenere la famiglia. Inoltre, ci sono sempre più persone che perdono la condizione alloggiativa stabile e si trovano sfrattate.

L'aumento progressivo della forbice sociale è un segnale chiaro di ingiustizia generato da disattenzioni o da politiche sbagliate. La crescita economica non è sufficiente per ridurre la povertà se non è inclusiva. Le persone senza una residenza stabile non possono far valere i propri diritti, come ad esempio non poter accedere a un lavoro che non sia in nero, non avere l'assistenza sanitaria completa.

In città come Genova, ci sono persone senza casa che vivono in sistemazioni provvisorie o sui marciapiedi, richiedono risposte ad un problema che potrebbe essere notevolmente ridimensionato dalle adeguate misure. I nostri servizi vorrebbero servire, superando le iniziative che dovrebbero essere prese dalle istituzioni pubbliche e non ci troviamo spesso a svolgere servizi emergenziali che potrebbero essere delegati a un'organizzazione più strutturale.

La mia azienda vorrebbe aiutare, superare le iniziative che dovrebbero essere prese dalle istituzioni pubbliche e non ci troviamo spesso a svolgere servizi emergenziali che potrebbero essere delegati a un'organizzazione più strutturale. Ciò potrebbe essere importante per evitare che la povertà cronica si collochi sulle persone e sulle città.

Il clima culturale è cambiato e si può erodere i diritti, poiché non ci fa più male, non ci tocca, non ci scuote più. Non ci indignamo più. È facile provare distacco, ripugnanza nei confronti dei poveri. Il pensiero che ieri non c'era, oggi c'è. Se è così, è perché lo abbiamo voluto. Vorrei dare l'impressione che tutto sia bello, buono, che tutto funzioni bene, ma sapiamo che non è così. Seguendo questo ritmo, chiamiamolo “decoro”, non corrisponde alle realtà.

La carità non è sufficiente, ciò che è necessario è la giustizia, il riconoscimento dei diritti delle persone. Dimenticare completamente di questo potrebbe significare che non cambierà nulla. Partire dai più poveri, dai più deboli, da quelli con la povertà più grave è l'unico modo per fare il bene comune.”


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