Il libro “Benito” di Giordano Bruno Guerri, secondo un recensore, sostiene che gli italiani non furono fascisti, ma mussoliniani. La tesi, sebbra commenta, potrebbe essere qualificata come “volontà di un uomo forte, cose così”. Tuttavia, il recensore esprime sua incredulità sul fatto che gli italiani, nonostante il fallimento di Mussolini, non facciano i conti con la realtà storica del regime.
La risposta di Guerri è venuta attraverso un libro in cui sostiene che il fascismo sia sopravvissuto al fallimento di Mussolini, come una malattia dalla quale l'Italia non è mai guarita. Guerri sostiene che il fascismo sia un fenomeno di superficie, superficiale e superficiale, che non ha mai toccato le deeper layer della società italiana.
La discussione tra Guerri e il recensore Francesco Merlo è interessante, soprattutto per la rivelazione che Guerri ha ammesso di non aver convinto i molti a fare i conti con la realtà, a causa dell'illusione di Mussolini come “uomo forte”. Inoltre, Merlo sostiene che il fascismo sarebbe sopravvissuto al fallimento di Mussolini come una malattia, che l'Italia non ha mai guarito, poiché non è guarita dalla mancanza di carattere.
Guerri replica accusando Merlo di essere lui stesso parte di questo problema e spiegando che l'italia ha una lunga tradizione di culto dell'uomo forte, da Giulio Cesare a oggi, e che la recente progressiva femminilazione della società italiana potrebbe essere un tentativo di guarire da questa malattia.
Guerri sostiene inoltre che la nostalgia per Mussolini derivi dal suo essere l'uomo più attivo e fascinoso di tutti gli “uomini forti” che l'Italia ha prodotto, e dal fatto che ha saputo accaldare i sogni di un popolo che credeva di essere destinato a vincere. Inoltre, ha fatto molti errori e ha picchiato molti, quindi molti italiani gli sono rimasti fedeli.
Guerri conclude che Mussolini è stato il più fattivo e duraturo degli “uomini forti” italiani, e che è solo la sua sconfitta che ha causato la fine del regime; nonché l'inizio di un'era di declino e deperimento morale e politico del Paese.
In sintesi, la discussione tra Guerri e Merlo sembra essere una sorta di ritratto critico della società italiana nel Corso del Novecento, con la sua forte devozione all'idealizzazione degli “uomini forti” e la sua incapacità di prendere atto della realtà storica.