L’offensiva di Pro Vita sul fine vita: una campagna che nega la dignità in nome della vita

L’offensiva di Pro Vita sul fine vita: una campagna che nega la dignità in nome della vita

Una nuova, cupa campagna di affissioni sta comparendo nelle città italiane, orchestrata dall'associazione Pro Vita & Famiglia Onlus, guidata da Jacopo Coghe. Figure incappucciate con tanto di falce, un'iconografia della morte da film dell'orrore, campeggiano su manifesti e camion vela con uno slogan perentorio: “Siete stati eletti per aiutarci a vivere, non per farci morire. NO alla legge sul suicidio assistito”.

L'obiettivo dichiarato è fare pressione sui Senatori della maggioranza di centrodestra per “affossare ogni proposta di legge che apra al suicidio assistito”. Ma dietro a questa retorica si nasconde una profonda distorsione della realtà e un attacco frontale a un diritto fondamentale: quello all'autodeterminazione.

La truffa logica del “non farci morire”

La campagna poggia su un'equazione tanto semplice quanto fallace: equiparare una legge sul fine vita a un'imposizione della morte. La realtà, per chiunque abbia a che fare con una malattia terminale e irreversibile, è ben diversa. La questione non è “se” morire, ma “come” e “quando” porre fine a un percorso di sofferenza insopportabile, quando ogni speranza di cura è svanita.

Una legge sul suicidio medicalmente assistito non “propone la morte”, ma offre una scelta compassionevole a chi è già condannato. Negare questa scelta in nome di un principio astratto significa condannare esseri umani a un'agonia forzata, privandoli dell'ultima dignità possibile: quella di decidere del proprio corpo e del proprio dolore.

L'ipocrisia del motto “Ogni vita vale”

Il post di Coghe si chiude con l'affermazione “Perché ogni vita vale. In ogni fase, in ogni condizione”.

Una frase che suona drammaticamente stonata se confrontata con le posizioni ultra-conservatrici che la stessa galassia ideologica esprime su altri temi. Viene da chiedersi se questo valore incondizionato della vita si applichi anche ai migranti che muoiono nel Mediterraneo, ai civili vittime di guerre che non hanno scelto, o ai giovani della comunità che subiscono discriminazioni.

La verità è che la “dignità della vita”, secondo la visione di Pro Vita, non si misura sulla reale qualità dell'esistenza o sulla sofferenza dell'individuo, ma sull'adesione a un dogma ideologico. Quella che spacciano per una battaglia “pro-vita” si rivela essere una crociata contro la compassione, un atto di sadismo ideologico che antepone il principio alla persona.

Costringere un malato terminale a soffrire contro la sua volontà non è difendere la vita. È difendere la sofferenza. Ed è questo che la campagna di Pro Vita, con le sue immagini lugubri e i suoi slogan ingannevoli, cerca di nascondere all'opinione pubblica.

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