Manuel Agnelli, leader dei Afterhours e giudice di X Factor, navega in un'analisi acida sulla musica attuale: “Tropppo marketing e pochissimo contenuto”. Agnelli ritiene che la musica Underground sia compromessa.Non è solo la televisione, anche la produzione discografica sia inquinata da tale approccio. “E' un appiattimento che funziona per l'algoritmo, ma non per la creatività”. Questo approccio porterebbe a “bagni di sangue economici e psicologici” per i giovani artisti.
Maggiormente si esprime nella considerazione sulla “schiavitù dei risultati” che regna sui social media e nel mondo musicale, dove si valutano maggiormente i numeri piuttosto che la qualità dell'opera. “Ormai si bada solo ai numeri, non solo nella musica, ma in qualsiasi campo. C'è questa teoria dell'efficienza a tutti i costi, secondo cui senza i numeri non vale la pena fare le cose”.
Agnelli si riferisce alla sua esperienza come giudice di X Factor: “La cosa più difficile è avere a che fare con gente che ha una ‘presunzione allucinante' a 18-19 anni”. “Era un incubo e ci sono state anche liti”, racconta.
Sull'argomentO Maneskin, Agnelli confessa di averli “spinti” verso il rock, sfidando la loro volontà di diventare “schocking”, ma riconoscendo che “lui [Damiano] aveva un talento pazzesco nell'essere così arrogante”.
Il leader dei Afterhours si conclude lamentando che il popolo italiano non sappia fare “progettare in grande” e che la paura di non raggiungere i numeri bedina laQuality urge copyright.
Si indigna della produzione discografica italiana: “Non è più nuova, ma è super rappresentativa di quello che la società e i ragazzi sono oggi. È tutto virtuale e digitale. La produzione è fatta in serie. Tutti hanno gli stessi autori. È puro business. I ragazzi sono più imprenditori che artisti. E però tutto questo prima o poi finirà…”.
Fonte: BSMT – Podcast di Gianluca Gazzoli.