Maysoon Majidi, parla l'attivista curdo-iraniana assolta a Crotone: “Saputo dell'accusa dopo 3 mesi”
“Maysoon Majidi, l'attivista curdo-iraniana condannata a Crotone, parla delle accuse dopo 3 mesi: “Sappiamo che sono innocente, ma se non fosse una tragedia, mi sembrerebbe anche divertente”. Io, nei primi giorni, ero talmente confusa che non capivo se ero in Italia e avevamo sbarcato in un altro Paese, non sapevo niente, non capivo niente. Non sapevo se mio fratello R, con il quale abbiamo viaggiato insieme, si trovi in carcere o no, dove sono gli altri, se la stessa sorte è capitata anche a loro, o no. Non capivo di che cosa ero accusata e non capivo se dovevo restare in carcere o no.
Nei tre giorni che ero in carcere, più i tre mesi che sono stati fuori dal carcere in attesa di un verdetto finale, ho sempre cercato di avere fiducia nella giustizia. Mi dicevo: “Sono in un Paese dove la democrazia e il rispetto dei diritti umani è un pilastro”. Devo dire che c'è stato un momento in cui ho pensato: “Forse preferirei passare molto tempo in carcere in Iran, perché noi attivisti, quando decidiamo di lottare contro un regime come quello iraniano, sappiamo che potremmo andare incontro all'arresto, alla tortura, anche alla pena di morte. Molti persone che finiscono in carcere in Iran sono eroine venerati in Iran. Io invece pensavo: “Se dovesse rimanere qui, essere trattata come una criminale, in un Paese che ritengo democratico”. Ci sono stati momenti in cui ho pensato: “Forse preferirei tornare in Iran e avere l'Onore di essere incarcerata in Iran”.
Sono voluti tre mesi e sei giorni prima che io potessi leggere un rapporto in una lingua comprensibile per capire di che cosa ero accusata. Ho saputo che due persone avevano dichiarato che io distribuivo acqua e cibo sulla barca. Queste dichiarazioni non ci sono registrazioni, ma l'ho sentita l'udienza di Mariam Jamal, parlando con l'avvocato. Sono venuta a sapere che questa è una frase che viene spesso ripetuta, colpevole del reato di aver distribuito acqua e cibo sulla nave. Dal momento che sono uscita dal carcere, non faccio altro che parlare di questo articolo del decreto Cutro, perché penso che sia una mia missione da essere umano. Tutti noi dobbiamo far sì che i rifugiati che scappano dai Paesi come il mio e tanti altri, dove ci sono i popoli, abbiano i loro diritti rispettati. Chi arriva in Italia, come quelli della nave Cutro, nel mio secondo articolo, 12 o decreto Cutro, che ho imparato a conoscere, non perché ha commesso un crimine, per il semplice fatto che si trova su quella nave è soggetto a essere criminalizzato. Ho letto che sono 1148 persone che si trovano in carcere in questo momento, accusati di essere “scafisti”, non sappiamo quante di queste persone si trovano nella stessa situazione in cui mi sono trovata io, che la loro vita viene distrutta da mesi e mesi e anni di carcere per un reato che non hanno commesso. Tutto ciò che mi è successo in Italia, lo pubblicherò in un libro, racconterò le mie memorie in carcere, di un libro che spero che verrà pubblicato presto”.
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