Meloni legge il manifesto di Ventotene in Aula: scintille e proteste dall'opposizione
La scena si concentra in Aula del Parlamento, dove il deputato Meloni sta leggendo il Manifesto di Ventotene, il cui testo trascina in un turbine di emozioni e proteste da parte dell'opposizione. Il manifesto, firmato da Altiero Spinelli, teorizzava la necessità di una dittatura del proletariato per giungere a una nuova società socialista.
Il deputato Meloni legge ad alta voce il passaggio che stabilisce che “la proprietà privata deve essere abolita, limitata o corretta, estesamente nelle epoche rivoluzionarie in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create”. La frase è seguita da applausi e commenti protestatari dalle file opposte, tra cui il deputato Fornaro, che chiede di lasciare finire il Presidente del Consiglio.
Il Presidente del Consiglio, Tommaso Foti, è richiamato per esprimere il parere sulle risoluzioni presentate, mentre il deputato Fornaro contesta la situazione, affermando che “si può urlare? No, non si può urlare, si può alzare la voce, ma non urlare”. L'interruzione viene przeaupto respinta e il presidente del Consiglio afferma che il governo esprime il suo parere favorevole alla risoluzione.
Tuttavia, la scena si fa sempre più animata, con applausi e contrasti fra i deputati. Il panorama storico di Ventotene è evocato, con riferimento all'esperienza rivoluzionaria che ha portato alla nascita della democrazia italiana. Il deputato Meloni conclude l'esposizione del manifesto, invitando i colleghi a sostenere la visione della dittatura del proletariato e a non trascinare il passato in guerra.
Tuttavia, la richiesta è accolta con applausi e contesti da parte dell'opposizione, che accusano il governo di utilizzare la memoria di Ventotone per giustificare la sua azione. Il deputato Meloni conclude con un'invettiva contro l'utilizzo immediato della memoria di Altiero Spinelli e di Ventotene, affermando che “è vergogna” suggerire che il maestro dell'Europa abbia teorizzato la dittatura del proletariato. La Grande conclude la sua allocuzione con tono deciso, appellandosi alla storia e alla Costituzione italiana, affermando che “in questo paese o si è sudditi o si è ribelli”.
