Il 4 agosto, in piena estate e con il Parlamento in pausa, il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di disegno di legge “per l'appropriatezza prescrittiva e il corretto utilizzo dei farmaci per la disforia di genere”. Firmato dal ministro della Salute Orazio Schillaci e dalla ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, il provvedimento introduce un sistema di controllo senza precedenti sui percorsi di affermazione di genere per i minori.
Dietro la retorica della “tutela sanitaria” si nasconde un impianto che centralizza diagnosi, terapie e dati personali, fino a creare un registro nazionale dei minori transgender. Tutto passerà obbligatoriamente da un comitato etico di nomina politica, che dovrà autorizzare (caso per caso) l'uso di bloccanti della pubertà o ormoni. Anche nei percorsi privati, la dispensazione sarà possibile solo in farmacia ospedaliera, con un dossier aggiornato ogni sei mesi e inviato direttamente al Ministero.
Il sospetto: contenere, non curare
Per le associazioni che da anni si occupano di diritti delle persone trans, il ddl rappresenta un punto di non ritorno. Christian Leonardo Cristalli di Arcigay lo definisce “un gatekeeping molto forte, che cancella il rapporto di fiducia tra medico e paziente e sostituisce il consenso informato con la burocrazia ideologica”.
Anna Maria Fisichella di Agedo è ancora più netta: “Non è un registro sul farmaco, è una schedatura di minorenni. È un modello che non vieta formalmente, ma rende impossibile ottenere le cure nei tempi utili. Esattamente come l'obiezione di coscienza sull'aborto”.
Gli esperti ricordano che il tempo, in questi casi, è determinante: se i bloccanti non vengono somministrati quando servono, la loro utilità svanisce. Le conseguenze? Ansia, depressione, disturbi alimentari, autolesionismo. “Queste situazioni le vediamo ogni giorno” spiega Cristalli.
Radici politiche e ideologiche
Il provvedimento nasce a fine 2024, dopo un'interrogazione parlamentare di Maurizio Gasparri sull'uso della triptorelina all'ospedale Careggi di Firenze. Da lì, ispezioni, tavoli tecnici e infine il parere del Comitato nazionale per la Bioetica: “Serve un registro”. La maggioranza di governo ha colto l'occasione per costruire un dispositivo che, secondo le associazioni, non ha nulla di sanitario e tutto di politico.
Non aiuta il fatto che la Garante per l'Infanzia nominata dal governo, Marina Terragni (nota per le sue posizioni ostili alle persone trans) abbia dichiarato che “la terapia affermativa sui minori può definirsi pratica omofobica”. Una frase che contraddice la letteratura scientifica e il parere delle principali organizzazioni mediche mondiali.
Un filo rosso nell'attacco ai diritti
Per le associazioni, il ddl si inserisce in una strategia più ampia: ostacolare la carriera alias nelle scuole, ridurre l'educazione affettiva, negare spazi sicuri, rallentare ogni passaggio burocratico fino a scoraggiare l'accesso alle cure.
“È un arretramento culturale che punta a guadagnare tempo, a far passare gli anni fino a spingere le persone a rinunciare. Ma le persone trans non si nasconderanno più” conclude Fisichella.
L'autunno si preannuncia teso: le associazioni promettono mobilitazioni e ricorsi. La posta in gioco non è solo la salute delle persone trans, ma il principio stesso che lo Stato non debba schedare e controllare la vita dei cittadini in base alla loro identità.