Napoli, chiude anche Villa Camaldoli: “Se questa è l'autonomia differenziata, siamo messi male”
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Napoli, chiude anche Villa Camaldoli: “Se questa è l'autonomia differenziata, siamo messi male”

Napoli, chiude anche Villa Camaldoli: “Se questa è l'autonomia differenziata, siamo messi male”

La denuncia di Cristina Serra, una donna di 52 anni affetta da sclerosi multipla, risuona come un richiamo alla giustizia e alla solidarietà. La sua storia è un esempio doloroso della disattenzione e dell'indifferenza della regione verso le esigenze dei suoi cittadini più fragili.

Cristina racconta di aver accertato la sua malattia due anni fa, quando aveva problemi di vista e stanchezza cronica. Dopo essere stata in cura in Svizzera per quasi un anno e mezzo, ha scoperto che Villa Camaldoli, la clinica convenzionata a Napoli, aveva il pulmino per trasportarla e accompagnarla alle sedute di fisioterapia e logopedia. È stata quindi disposta a frequentare regolarmente la clinica, dove ha trovato una equipe di professionisti competenti e attenti.

Tuttavia, la clinica è stata recentemente chiusa a causa della mancanza di fondi, e Cristina si sente abbandonata e preoccupata per il futuro. La sua storia è l'ennesima prova del disinteresse della regione per le esigenze dei suoi cittadini, che non possono permettersi di pagare sedute di fisioterapia e logopedia a pagamento.

Cristina si chiede come sia possibile che una regione come la Campania, che non ha i fondi sufficienti per mantenere la clinica, abbia deciso di chiudere un centro di cure specializzato come Villa Camaldoli. “Sono messi male” afferma Cristina, “siamo partiti proprio male, ma non andiamo proprio bene”.

La sua denuncia non è solo un lamento personale, ma anche un appello alla coscienza e all'azione. Cristina si unisce ai pazienti e ai medici che, come lei, lottano per la difesa dei loro diritti e per la salvaguardia dei servizi sanitari pubblici. “Non mi voglio stare più zitta” afferma Cristina, “ora che anche i pazienti insieme ai medici e ai ragazzi che studiano e che non è giusto che debbano andare in giro per il mondo comincino una battaglia di di pretesa”.

La storia di Cristina Serra è un'avvertenza contro l'indifferenza e l'abbandono. È un invito a riflettere sul valore della vita e sul diritto di tutti gli esseri umani a una cura dignitosa e accessibile. “Io resto a casa e pago le tasse” afferma Cristina, “ma non devo avere lo stesso trattamento di chi vive in in in ”. È un appello alla giustizia sociale e alla solidarietà, che non può essere ignorato.


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