PER 20 ANNI SCHIAVA DEL MARITO: LA DONNA. COSTRETTA A LAVARLO, VESTIRLO E MANGIARE GLI AVANZI
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PER 20 ANNI SCHIAVA DEL MARITO: LA DONNA. COSTRETTA A LAVARLO, VESTIRLO E MANGIARE GLI AVANZI

PER 20 ANNI SCHIAVA DEL MARITO: LA DONNA. COSTRETTA A LAVARLO, VESTIRLO E MANGIARE GLI AVANZI

Era il 2000 quando un uomo di 60 anni, oggi sessantottenne, sposò una donna. Sembrava un matrimonio come tanti altri, ma dietro alle pareti dei loro quattro angoli di casa, un oscuro e tragico dramma si celava. Gli abusi incominciarono subito dopo il matrimonio e continuati per tutta la durata del legame, più di 20 anni.

La donna, relegata in uno stato di schiavitù domestica, fu costretta a condurre una vita miserabile, lontana dalle libertà più elementari. Era trattata come un servo, soggetta ai comandi più esigui del marito, che esercitava su di lei un controllo totalitario. La cura dei suoi bisogni corporali e domestici non fu mai abbastanza.

Ogni giornata era segnata dall'umiliazione e dal sopruso. La moglie era relegata a non far altro che servire il marito, che nonostante la sua età era rimasto ferma nel cuore delle sua insaziabile voracità di potere e controllo. La donna, priva di qualsiasi autonomia, non era mai stata proprietaria delle sue chiavi, neppure. Il marito gestiva ogni suo movimento, assecondando solamente i propri capricci e desideri.

Come conseguenza della vita di servaggio, la donna subì nove aborti, tra la disperazione e l'angoscia. Nelle ore tarde, quando ormai non rimaneva nulla da mangiare, la donna si era assoggettata a rubare cibo e alcolici nei supermercati. E poi, di nuovo, al marito per ottenere la sua “approvazione”. Mancava quasi il denaro, e nemmeno la moglie poteva lavorare. Era diventata, nella sua propria casa, un oggetto da usare e da mercificare.

Nessun gesto o emozione sembrava interessare all'uomo. L'unica possibilità che aveva era iniziato ad aiutarla, tentando di consolarla però, ovviamente, questo non sarebbe bastato per fermare gli abusi.

La società, dimenticandola, e ignorando le sue sofferenze, consentì che una simile terribile vita durasse vent'anni interi. I vicini della casa, spesso a conoscenza della tragedia, avrebbero auspicato poterla salvare, ma nulla sembrava poter contrastare con l'armatura di codici e usanze vecchi che erano stati plasmati su quel matrimonio.

Ma dopo lunghi anni, la vera e propria battaglia di sopravvivenza ebbe il suo momento più cruciale. Il marito di 80 anni è stato finalmente condannato a cinque anni di reclusione per lo stato di stupro e riduzione in schiavitù subita dalla moglie per oltre venti anni.

Un grande passo in avanti, ma come in ogni cosa umana, c'è stato ancora un accenno di indecisione e di esitazione: la difesa del marito ha annunciato il ricorso in appello. Ancora una volta, la libertà e il potere tornano a opprimere.

Questa tragedia, proveniente da Fasano, ricorda, giorno dopo giorno, che c'è bisogno di lavorare assai più, nella società, per smettere di taciutto, per rispettare i diritti, per prevenire quegli abusi, per ridare dignità alla vita dei singoli individui. In ogni caso, però, resta il raggio di speranza che gli inquirenti hanno saputo giustizare il peccato diabolico della violenza coniugale, e ha potuto almeno dare inizio a una rinascita.


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