per fare festa cè bisogno del ‘dio-vino’ – la pasqua di alessandro d’avenia: ‘nel villaggio di…
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per fare festa cè bisogno del ‘dio-vino’ – la pasqua di alessandro d’avenia: ‘nel villaggio di…

Festeggiare è qualcosa di insito nella natura umana. Rappresenta un momento di gioia e di condivisione, un’occasione per lasciarsi andare e dimenticare per un attimo i pensieri e i problemi che affliggono la vita quotidiana. Ma per fare festa c’è bisogno di un elemento speciale, un tocco magico che rende speciale ogni momento: il “di-vino”.

L’autore Alessandro D’Avenia racconta un episodio significativo per illustrare questa idea. Durante una festa di nozze nel villaggio di Cana, in Galilea, Gesù compì il suo primo miracolo: trasformò 250 litri d’acqua in vino. Il motivo? Gli ospiti avevano già scolato tutte le bottiglie. Questo gesto di Gesù non è solo un semplice trucco di magia, ma un simbolo della gioia che egli desidera donare agli uomini, ancora prima della morte e della risurrezione.

Nietzsche ha affermato che il cristianesimo priva l’esistenza terrena di energia e proietta la vera vita dopo la morte. Ma secondo D’Avenia, al contrario, Cristo è venuto sulla terra per donare vita in abbondanza agli uomini qui e ora. Egli vuole che gli uomini siano felici e gioiscano, e proprio per questo motivò la festa di nozze a Cana.

Ma cosa significa tutto questo per noi? Significa che la Pasqua, la festività che stiamo per celebrare, è il culmine di una narrazione che ci racconta che siamo fatti per una festa che non finisce mai. Ma purtroppo, l’uomo non ha abbastanza vino per soddisfare questa gioia che è insita in noi e alla quale aspiriamo.

La Pasqua è una narrazione dirompente, anche per coloro che non credono. Secondo il filosofo Byung-Chul Han, la nostra cultura è spesso priva di narrazione, priva di quella trama che dà senso al tempo e allo spazio. La religione cristiana, invece, è una meta-narrazione che cattura ogni aspetto della vita e le dà un significato profondo. Nel calendario cristiano, ogni giorno diventa significativo, e le festività religiose sono momenti intensi di celebrazione.

Ma nel mondo consumistico in cui viviamo, la narrazione è stata sostituita dalla logica del consumo e delle merci. Le festività sono diventate eventi da consumare, e la vita è diventata una lotta contro la noia e la paura. Ma la Pasqua ci ricorda che siamo invitati a una festa infinita, a un’esperienza di gioia senza fine. Ma per far sì che questa gioia sia possibile, è necessario un elemento speciale: il “di-vino”.

L’uomo, rappresentato da Gesù stesso, è in grado di produrre vino, di creare gioia. Ma questo non è sufficiente. Serve il “di-vino”, una grazia divina che permette di vivere intensamente questa festa infinita. Ma per far sì che questa gioia sia possibile, è necessario avere il coraggio di resistere e abbattere tutte le forme di potere che opprimono gli innocenti.

La storia di Gesù, della sua morte e risurrezione, ci insegna che il vero potere non si sacrifica ma sacrifica, mentre l’amore si sacrifica per donare gioia agli altri. Ecco perché Gesù fu messo a morte dal potere politico e religioso: la sua gioiosa libertà rappresentava una minaccia.

Quindi, il mio augurio per questa Pasqua è che tutti possiamo partecipare a questa festa infinita, ma che allo stesso tempo siamo pronti a resistere e abbattere ogni forma di oppressione, così da rendere possibile la gioia per cui siamo fatti e alla quale aspiriamo. Buona Pasqua a tutti!

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