Pinuccio alle prese con la famiglia 4.0: "Meglio la galera di questo delirio social!"
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Pinuccio alle prese con la famiglia 4.0: "Meglio la galera di questo delirio social!"

Pinuccio alle prese con la famiglia 4.0: "Meglio la galera di questo delirio social!"

 

Come siamo cambiati negli ultimi vent'anni? Assai, secondo Alessio Giannone (vero nome di Pinuccio) che con la lente della satira tenta di raccontare il nuovo focolare dell'italiano medio. Oggi 4,76 miliardi di persone, quasi il 60% della popolazione mondiale, usano i social media. Mediamente, noi italiani “navighiamo” per circa sei ore al giorno, di cui quasi due dedicate ai social. Si stava meglio prima?. “Questo spettacolo è nato perché osservo molto i social, e poi il mio personaggio, Pinuccio è nato sui social, su , più di una decina di anni fa – dice Giannone -. In più lo spettacolo segue l'onda di un libro che scrissi tre o quattro anni fa, che si chiamava “Annesi e connessi”, in cui esaminavo un po' la felicità sul web. Era quella reale o era solo quella manifestata? Da lì ho sviluppato questo spettacolo in cui chiedo “tu ti trovi”? Non voglio dare un giudizio negativo su quelli che pubblicano qualsiasi cosa, dal fidanzamento a quando si sposano, passando per le feste prematrimoniali e le ecografie dei bambini. So che il mondo sta andando verso quella direzione, però io soffro un sentimento di inadeguatezza rispetto a tutto questo”.
 
Tu che rapporto hai con i social?
Li uso ma in maniera oculata. Quando ho aperto tutti i miei canali social l'ho fatto con un altro nome proprio per non mettere la mia vita lì dentro. Perciò la gente conosce Pinuccio, sa che cosa fa. Però di Alessio non sa niente, questa è stata la mia scelta. Per molti invece essere sui social significa pubblicare qualsiasi cosa. Ci sono statistiche che dicono che molta gente arriva a pubblicare 25 foto al giorno. Ormai siamo diventati tutti editori di un  di noi stessi. E la cosa incredibile è che a partire di testa sono stati soprattutto quelli della nostra generazione, quella dei cinquantenni, in alcuni casi più dei ragazzi. 
 
Però per uno che fa satira e comicità è una miniera di situazioni a cui potere attingere…
Sì, assolutamente, una miniera di situazioni che poi è traversale: passa dalla persona comune al vip e al politico. Tutti si sono adeguati a questo modo di comunicare la propria vita in qualsiasi momento. E' come se chiedessero consenso rispetto alle gesta della propria vita. Che poi, a me che me ne frega che tu stai festeggiando il fidanzamento e fai la serenata sotto al balcone della tua fidanzata? La domanda è: se non hai consenso rispetto alle tue gesta che succede? Vai in depressione? Oppure se metti la foto di tuo figlio e gli altri ti scrivono che è brutto, che fai? Ti senti male? Dal punto di vista psicologico la cosa è molto strana. 
 
In questo spettacolo tu parti dai ricordi della tua infanzia, quindi in una situazione decisamente pre-social… 
Diciamo pure preistorica! Per esempio, i miei genitori erano anche un po' timidi come fotografi, quindi io per esempio non ho foto dei miei primi giorni di scuola. Da quelle poche foto che ho di me piccolo a scuola, per esempio, mi rendo conto che noi eravamo brutti! Nelle foto di classe eravamo venti mostri, per fortuna c'erano i grembiuli che coprivano le varie tute comprate al mercato… Oggi vedi le foto di classe e sembrano venti modelli. Anche in questo “non mi trovo”, è cambiato tutto. Ma mostrarsi non era una priorità. Nemmeno nei giorni particolari: adesso arriva Natale e tutti pubblicheranno cinquantamila foto, noi non ne facevamo. Un po' forse perché eravamo impresentabili, mia madre che doveva cucinare la frittura si metteva cose che capitavano perché sennò si impuzzolivano… Eravamo più concentrati sul cibo che sull'estetica. 
 
Forse una spia di quello che poi sarebbe accaduto erano le foto delle vacanze o del matrimonio mostrate agli amici quando venivano a casa…
Sì, però, diciamo che era una sofferenza di un giorno. Invece oggi è una sofferenza continua, perché fanno i viaggi e mettono cinquantamila foto dei viaggi. Ma perché? Tu stai lì a Zanzibar, goditi la vacanza e invece di fare seicento foto al giorno, che a me che interessa? Però poi oggi i giovani viaggiano meno, perché pensano di aver visto già tutto. Prima per noi il viaggio significava visitare luoghi esotici che non conoscevi. Invece oggi vai lì, sai già dove andare a fare il selfie perché hai visto tutte le persone che vanno in quel punto della città a farsi la foto. 
 
Nello spettacolo sei accompagnato da un chitarrista, quindi ci saranno dei momenti musicali? 
Un po' fa da sfondo perché io parlo naturalmente di tutto l'iter di famiglia a partire dal matrimonio, quindi ci saranno le canzoni che si usano o che io sentivo quando andavo a un matrimonio con i miei parenti. Il chitarrista poi sarà vestito da carabiniere perché la partenza dello spettacolo è che a dare una botta grossa a questo uso dei social è stato il Coronavirus, dove tutti facevano tutto: carabinieri che suonavano, idraulici che erano diventati esperti virologi… E quindi c'è lui che mi accompagna e poi mi sarà anche da aiuto per farmi respirare un po' in due o tre momenti. 
 
Invece l'esperienza di “Striscia la notizia” prosegue su un binario assolutamente parallelo rispetto a questo. Un'esperienza che ti ha permesso di farti molti amici…
Tantissimi! In Rai non vedono l'ora di assumermi, ma anche in Parlamento! Perché da un paio d'anni sono a e mi sono occupato di qualche caso…Poi la cosa assurda è che io sto sempre lì fuori e sono diventato amico della manovalanza, degli uomini della sicurezza: mi salutano, mi offrono il caffè…
 
Cosa ti porti di “Striscia la notizia” nell'ambito teatrale?
L'atteggiamento è lo stesso di quello che “non si trova”, che non capisce, non capisce se uno è potente o non capisce quello che accade intorno. Però, e in questo “Striscia” è stata una grande scuola, l'approccio non è mai quello di un personaggio che giudica, che dice “non si fa così”. Perché quello è proprio l'animo di “Striscia”, in questo è maestro, non ha mai il ditino alzato per dire no, così non si fa. Lui fa vedere: questo è, poi giudicate voi.

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