Nei giorni scorsi, uno storico portale online ha annunciato la propria chiusura dopo 25 anni di attività: BananaGuide, sito di raccolta e archiviazione di contenuti promozionali legati all'industria gay per adulti. La causa? L'impossibilità di conformarsi alle nuove leggi americane sulla verifica dell'età, introdotte da diversi stati a guida repubblicana.
Non è un caso isolato. Persino Pornhub (uno dei più grandi colossi del porno online) ha deciso di ritirare l'accesso ai propri contenuti da alcuni stati USA, come la Virginia e il Texas, dove le nuove norme impongono obblighi tecnici ed economici ritenuti impraticabili.
E non è difficile capire perché: si sta imponendo ai siti di contenuti per adulti l'obbligo di verificare in modo rigoroso (spesso attraverso sistemi biometrici, documenti o fornitori certificati) l'età di ogni singolo utente, pena sanzioni milionarie.
Una stretta che colpisce i più deboli
Queste misure, presentate come strumenti per “proteggere i minori”, stanno diventando in realtà un meccanismo di censura sistemica. Non colpiscono solo i grandi portali pornografici, ma soprattutto le realtà più piccole: blog, archivi storici, piattaforme indipendenti, contenuti queer o a pagamento etico, che non dispongono delle risorse per adeguarsi a sistemi costosi e complessi.
Il risultato è una selezione economica e ideologica:
- chi ha fondi e capitali rimane online,
- chi è indipendente viene espulso dal web.
E in tutto questo, la tutela effettiva dei minori resta un alibi, più che un obiettivo reale.
Anche in Europa il vento cambia
L'Italia non è estranea a queste dinamiche. Le prime avvisaglie si sono viste nel decreto Cutro, che contiene norme sulla verifica dell'età con possibili implicazioni per i contenuti per adulti. Anche in Francia e Regno Unito si sta valutando l'utilizzo di identità digitali (SPID, CIE, ecc.) per accedere a siti pornografici.
In un prossimo futuro, accedere a contenuti sessuali online potrebbe richiedere l'autenticazione con documenti d'identità, o l'intermediazione di provider autorizzati, con conseguenze enormi sulla privacy, sulla libertà individuale e sull'anonimato.
Scaricare la responsabilità sui piccoli: un déjà vu dal GDPR
Chi ha vissuto il caos del GDPR ricorderà bene come, invece di centralizzare la gestione dei cookie nei browser, si è deciso di scaricare tutta la responsabilità sui siti. Anche chi pubblica un semplice blog personale è oggi costretto a esibire banner, informative, strumenti di tracciamento e gestione dei consensi. Spesso senza sapere come fare, o affidandosi a plugin complessi e incoerenti.
Il fallimento sistemico di quel modello si sta ripetendo: anziché chiedere ai browser o ai sistemi operativi di offrire strumenti universali di verifica dell'età o controllo parentale, si impone l'onere ai siti web.
Una soluzione miope, che colpisce solo i più fragili e lascia intatti i veri nodi della questione.
Cosa si dovrebbe fare
- Gestione lato utente, non lato server
Serve una gestione centralizzata della verifica dell'età direttamente nei browser, con la possibilità di attivare profili protetti, filtri locali o controlli parentali, come già avviene in parte nei sistemi operativi. La tecnologia esiste già, ma viene ignorata. - Soluzioni open-source e anonime
Si possono sviluppare metodi alternativi di accesso ai contenuti per adulti senza rinunciare all'anonimato, come chiavi digitali, token temporanei o certificazioni non biometriche. Ciò che manca non è la tecnologia, ma la volontà politica di adottarla. - Cambiare la narrativa tossica
È urgente respingere l'idea che la pornografia sia un problema di per sé, o che chi la guarda debba essere colpevolizzato. La pornografia, se consensuale, è parte della cultura umana e colpirla serve spesso solo a punire chi esce dalle norme di genere, sessualità e potere.
Se oggi chiude un archivio come BananaGuide, domani a sparire saranno interi pezzi di storia della cultura erotica, digitale e indipendente, compressi e censurati sotto la retorica della “tutela dei minori”. Ma non si tratta di tutela. Si tratta di controllo.