Prigioniera in casa sua: la storia di Naomi e delle barriere architettoniche ignorate
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Prigioniera in casa sua: la storia di Naomi e delle barriere architettoniche ignorate

In un'Italia che si vanta di essere sempre più inclusiva e attenta ai diritti delle persone, esistono storie che gridano vergogna. Storie come quella di Naomi, 27 anni, disabile dalla nascita, costretta a vivere prigioniera nella sua stessa abitazione a Marcianise, in provincia di . A imprigionarla non è la sua condizione, ma l'inerzia delle istituzioni e l'indifferenza verso i suoi diritti fondamentali.

Anni di segnalazioni cadute nel vuoto

Dal 2016 Naomi ha inoltrato innumerevoli segnalazioni ad ACER di Caserta e , chiedendo interventi concreti per abbattere le barriere architettoniche del suo palazzo popolare. L'unico segnale di interesse risale al 2018, quando fu effettuato un sopralluogo per valutare l'installazione di un ascensore. Da allora, silenzio. Nessuna comunicazione, nessun intervento, nessuna speranza.

Quando l'ostacolo diventa pericolo

Determinata a non rassegnarsi, Naomi si è recata personalmente più volte negli uffici competenti. Ma anche questo non è bastato. Nel frattempo, la sua quotidianità è diventata sempre più difficile, perfino rischiosa: un grave incidente sulle scale del suo palazzo l'ha costretta a letto per un mese. Un episodio che si sarebbe potuto evitare, se solo le istituzioni avessero fatto il proprio dovere.

Il silenzio della

Naomi ha provato anche la via istituzionale, contattando il sindaco di Marcianise, Antonio Trombetta, e altri rappresentanti politici. Nessuno ha offerto una risposta concreta. Nessuno si è assunto la responsabilità di tutelare i diritti di una cittadina che chiede solo di poter vivere con dignità.

“Non voglio continuare a vivere intrappolata nella mia casa”

Con queste parole si chiude l'ennesimo appello di Naomi, che oggi si rivolge pubblicamente a chiunque abbia il potere o il dovere di ascoltarla. Non chiede favori. Chiede il rispetto della legge. Chiede una casa accessibile, sicura, vivibile. Chiede giustizia.


Anche la vostra voce conta

TristeMondo continuerà a dare spazio a storie come questa, perché il silenzio uccide due volte. Se anche voi vivete o conoscete situazioni simili di abbandono istituzionale, disuguaglianze o soprusi, potete scriverci a info@tristemondo.it.

Raccontare queste storie è un atto di responsabilità civile. Perché la dignità e l'autonomia delle persone con disabilità non siano più ostacolate dal silenzio e dall'indifferenza.
Insieme possiamo fare luce dove altri vogliono l'ombra.

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