“Salari alti e welfare: perché i giovani vanno all’estero”: il libro che racconta i cervelli in fuga
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“Salari alti e welfare: perché i giovani vanno all’estero”: il libro che racconta i cervelli in fuga

“Salari alti e welfare: perché i giovani vanno all'estero”: il libro che racconta i cervelli in fuga

Ecco la ri Scrittura del testo in italiano:

“Salari alti e welfare: perché i giovani vanno all'estero” è il titolo di un libro che racconta il mio percorso personale. Sono stato costretto ad andare all'estero per trovare un futuro nella mia carriera accademica. In Germania, ho scoperto che il mio lavoro esisteva, ma è un'esperienza che molti italiani hanno dovuto vivere.

Secondo i giornalisti, ci si aspetta che le persone vengano all'estero per invadere Lampedusa, ma in realtà, nei quattro anni dal 2018 al 2021, sono arrivati a Lampedusa ufficialmente circa 130.000 immigrati. Nell'intervallo, però, circa mezzo milione di cittadini italiani “puro sangue” hanno portato la residenza all'estero. Questo non è un'invasione, ma un'emigrazione speculativa, alimentata da interessi politici.

Gli ultimi 15 anni hanno visto un'emigrazione italiana giovanile senza precedenti: circa 1,3 milioni di cittadini italiani hanno portato la residenza all'estero. Questo è un fatto sottostimato. Troviamo probabilmente un sistema che è un attimo più meritocratico, più aperto a gente che viene da fuori, che valorizza per quello che fa, per i titoli.

Tuttavia, il sistema all'interno del quale si può crescere in maniera più libera, con retribuzioni più alte, possibilità di stabilizzazione, tante garanzie per le donne, per le madri, per esempio, è recente la notizia che l'Italia, tra i paesi del G20, è l'unica in cui i salari hanno avuto una contrazione addirittura del 9% rispetto al 2008.

Questi dati raccontano una crisi profondissima. Se non hai uno stipendio adeguato per vivere in maniera dignitosa, te ne vai. Secondo me, questo è il primo motivo delle migrazioni giovanili contemporanee: gli stipendi precari.

Nel mio istituto, le ricerche sulle malattie infettive, il sistema dei precari è ciclico: precari su precari, fino a quando non esploda la situazione. La mia posizione è simile a quella di molti colleghi. Siamo precari, e il problema è che non sappiamo cosa succederà.

Nel frattempo, i soldi non ci sono, e stiamo aspettando che il CNR li utilizzi. Tuttavia, noi non sappiamo cosa succederà, e molti dei nostri contratti terminano ogni volta. La mia ultima domanda era: “Ok, ma che intenzioni ci sono per i precari? Ci sono nuovi fondi che possono essere stabiliti per poter dare la possibilità a tutte queste persone?”

Il ministro dell'università della ricerca non ha una risposta. In realtà, i precari costituiscono un terzo dei lavoratori dell'ente, e alcuni istituti hanno addirittura il 40% di precari. Puoi immaginare cosa succederebbe se questi precari andassero a casa.

Manca una sorta di visione di lungo periodo. C'è il rischio che i precari del CNR paghino in un certo senso una questione un po' ideologica, un po' di colore politico. Noi abbiamo la speranza che il governo prenda a cuore questa questione, perché non è una questione che ha un colore politico. Si tratta di preservare le eccellenze italiane nel campo della ricerca, e non che queste eccellenze vadano all'estero. ”


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