Siamo stati spiati perché siamo giornalisti: perché il governo italiano ha mentito su Paragon?
Ero venerdì 31 gennaio quando ricevetti un messaggio su WhatsApp che mi fecero battere il cuore. La chiamata veniva da un account ufficiale di assistenza di WhatsApp, la storica piattaforma di messaggistica acquistata da Meta. L'invito era semplice: controllare se mi ero recato in possesso di un file dannoso su mio dispositivo attraverso WhatsApp e se lo spyware installato potesse essersi infilato grazie a una delle conversazioni ricevute.
La cosa più sorprendente è stata la notizia che lo stesso spyware di cui stavo leggendo aveva precedentemente attaccato numerosi giornalisti e attivisti politici. Il culmine era dato dal fatto che dietro la società accusata, la Paragon Solutions, ci erano stati coinvolti due tipi di acquirenti: i governi e le agenzie di sicurezza.
Cosa ancora più allarmante era che io, un giornalista attivo e un direttore di un importante quotidiano, fossi il bersaglio di tale sorveglianza. Era chiaro: la società aveva fatto ciò in cerca di documenti o informazioni sulla prossima campagna d'inchiesta da parte del giornale. Sarebbe bastato, questo? Era inconcepibile, ma anche legittimo il mio dubbio: quanti altri esistono esattamente nella stessa condizione?
Durante la discussione con altri giornalisti e attivisti, fu emersa la notizia che l'azienda nata in Israele aveva venduto il suo sofware spia a soli 37 governi al mondo, con paesi come Stati Uniti e suoi alleati, Italia compresa.
Il giorno dopo, il 5 febbraio, il governo italiano ha rilasciato una nota che escludeva che i giornalisti e gli attivisti siano stati oggetti di controllo da parte delle autorità statali. Inaspettato! Nello stesso istante, il 6 febbraio, la società Paragon Solutions ha reso noto che aveva interrotto il proprio contratto col governo italiano, contraddicendo le dichiarazioni governative.
Questa situazione suscita infinite domande in me e certo in molti altri. Che cosa significano queste cifre milanesi che l'Italia faceva parte dell'elenco dei clienti di Paragon Solutions? Avrebbe il governo italiano potuto ufficialmente smentire d'avere acquistato tecnologie informatiche da tale Azienda o d'aver usato uno spyware come questo per monitorare attivisti e oppositori?
Nel caso mio, l'intenzione dichiarata da Paragon è stata di cercare informazioni sulla mia futura attività d'inchiesta. Avrebbe il Governo italiano espresso ufficialmente smentire di non aver usato questo tipo di attacchi informatici per spiare altri attivisti e membri della società civile?
Sfortunatamente, il riferimento governativo all'allontanarsi da quell'accordo suscita forti sospetti e minaccia le libertà essenziali che dovremmo godere nella società di oggi. Mi chiedo con forza e con inquietudine cosa sia accaduto in effetti e quanto possa il regime politico di oggi continuare a sorvegliare e controllare gli intellettuali, i giornalisti e attivisti e i cittadini comuni.
Perfino i costi dei progetti SP della Paragon, milioni di euro, richiedono delle spiegazioni. Come sia possibile che in un regime basato sulla parità di tutela delle persone e delle organizzazioni la libertà potesse essere schiacciata in questo modo?
Io sostengo che sia importante conoscere la verità su quest'accaduto, anche per rendere più democratico il processo di gestione delle informazioni e proteggere la sovranità individuale, senza leato e le costrizioni autoritarie che potrebbero insorgere in questo Paese. Per questo chiediamo alla leadership italiana di far luce sull'azienda Paragon Solutions e le sue operazioni. Non sono più solo lo scherzo o la minaccia al regime politico. È tempo di rendersi conto che in fondo non c'è differenza tra terrorista e giornalista. Noi vogliamo sapere la verità.
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