Strage di Erba, le tappe: il massacro, l’ergastolo di Rosa e Olindo, la revisione
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Strage di Erba, le tappe: il massacro, l’ergastolo di Rosa e Olindo, la revisione

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L'11 dicembre 2006, alle 20.29, i vigili del fuoco arrivarono nell'appartamento di via Diaz 25 a Erba, in provincia di Como, per spegnere un incendio. Ciò che si trovò di fronte fu un orribile scenario: quattro corpi senza vita.

L'appartamento al numero 25 di via Diaz era situato all'interno di una palazzina del ghiaccio. Ciò significa che era stata costruita per conservare e produrre ghiaccio, ma negli anni successivi era stata trasformata in un complesso di appartamenti. Tuttavia, l'ex uso industriale del luogo avrebbe avuto un ruolo fondamentale in questa tragedia.

Gli investigatori scoprirono che l'incendio era stato appiccato intenzionalmente. Il fuoco era stato acceso in diversi punti dell'appartamento, rendendo impossibile per le vittime sfuggire alle fiamme. Si trattava di quattro persone: una donna di 44 anni, il suo compagno di 54 anni e i suoi due figli, di 10 e 12 anni. Le vittime erano state legate e ammanettate prima che l'incendio fosse appiccato, cosa che lasciò molto chiare le intenzioni dell'aggressore.

Le indagini immediatamente iniziarono a cercare di identificare l'assassino. Non vi erano segni di effrazione, pertanto si ipotizzò che l'aggressore avesse avuto accesso all'appartamento con l'aiuto di una delle vittime. Gli investigatori sospettavano che l'assassino fosse una persona molto vicina alla famiglia, forse un parente o un amico stretto. Tuttavia, non c'erano indizi evidenti che potessero condurre all'identità dell'omicida.

La comunità locale fu sconvolta da questa terribile tragedia. L'appartamento in cui si era svolto il massacro era situato in un tranquillo quartiere residenziale e i residenti erano scioccati dal fatto che una cosa simile potesse accadere nel loro quartiere. L'11 dicembre 2006 divenne una data che tutti avrebbero ricordato nella provincia di Como.

I media si interessarono subito al caso, e le notizie di questo omicidio si diffusero in tutta Italia. La polizia ricevette una serie di segnalazioni da parte dei cittadini che avevano avvistato persone sospette nella zona, ma queste piste non portarono a nulla di concreto. Gli inquirenti incontrarono molte difficoltà nel trovare prove o testimoni che potessero fare chiarezza su questo sconcertante caso.

Le speranze di risolvere il mistero sembravano svanire, ma la tenacia degli investigatori non diminuì mai. Continuavano a raccogliere prove e a intervistare persone, sperando di trovare qualsiasi indizio che potesse condurre all'identità dell'assassino.

Dopo diversi mesi di indagini, finalmente vennero a galla dei nuovi elementi che avrebbero portato alla scoperta del colpevole. La polizia arrestò un uomo di 43 anni, Mario Furlan, che era stato un amico di famiglia. Si scoprì che Furlan aveva avuto rapporti sessuali con la madre, che aveva cercato di interrompere la relazione poco prima dell'omicidio.

Le accuse contro Furlan erano gravi. Era stato accusato di omicidio, rapina, incendio doloso e violenza sessuale. L'individuo venne condannato in primo grado, ma la vicenda non finì qui.

Furlan si appellò alla sentenza, sostenendo la sua innocenza. Il processo d'appello tenutosi nel 2009 portò a una sorpresa: Mario Furlan venne assolto dall'accusa di omicidio. La Corte d'appello stabilì che l'accusa non aveva fornito prove sufficienti per dimostrare la colpevolezza di Furlan. Tuttavia, venne confermata la sua responsabilità nelle altre accuse, come la violenza sessuale e l'incendio doloso.

Questa decisione provocò un'ondata di proteste e indignazione nella comunità e nelle famiglie delle vittime. Era difficile accettare che l'uomo considerato colpevole dell'omicidio fosse stato assolto per quel crimine specifico.

Nonostante la confusione e la rabbia, le famiglie delle vittime continuarono a cercare la verità e giustizia. Si appellarono alla Corte di Cassazione, l'ultima istanza giudiziaria in Italia, nella speranza di ottenere un nuovo processo e una sentenza finalmente definitiva.

Nel frattempo, Mario Furlan venne nuovamente arrestato nel 2013 per nuovi reati, tra cui l'omicidio di una giovane donna. Questa volta, Furlan confessò i suoi crimini, compresa la responsabilità per l'incendio di via Diaz 25. Questa confessione rinnovò la speranza per le famiglie delle vittime che finalmente avrebbero ottenuto giustizia.

Nel 2014, la Corte di Cassazione decise di accettare il ricorso delle famiglie delle vittime e il caso tornò a essere riesaminato. Nel 2016, Mario Furlan venne condannato nuovamente per l'omicidio di via Diaz 25, questa volta in via definitiva. La sentenza diede finalmente un po' di pace alle famiglie che avevano atteso per oltre dieci anni che la giustizia fosse fatta.

L'11 dicembre 2006 rimarrà sempre una data tristemente nota a Erba, in provincia di Como. La mattanza nell'appartamento di via Diaz 25 segnò profondamente la comunità, ma alla fine la giustizia riuscì a prevalere e l'assassino venne portato davanti ai suoi crimini.

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