Tsundoku non è un vizio, ma un'abitudine sempre più comune: il bisogno di comprare libri, accumularli e di rimandarne la lettura domani o tra anni
C'è un angolo, in ogni casa abitata da un lettore, dove si annidano pile di libri non letti. Possono essere ordinatamente impilati su un comodino, lasciati in bilico sul bordo di una scrivania, stipati in scaffali che implorano pietà o sparsi nei punti più impensabili della casa. Alcuni sono ancora incellofanati, altri portano i segni di una lettura mai iniziata: la copertina sfiorata con curiosità, l'indice consultato di sfuggita, magari una dedica scritta tempo fa. Ed è qui che prende forma lo tsundoku: non un vizio, ma un'abitudine sempre più comune.
Il termine arriva dal Giappone e unisce tre parole: tsunde (accumulare), oku (mettere da parte), doku (leggere). Ma più che una semplice descrizione di comportamento, racconta un certo tipo di rapporto con i libri….