Un anno da Giulia Cecchettin, quello che il governo non ha fatto per fermare la violenza di genere
Era una “mattanza” da fermare, una piaga sociale da combattere, una tragedia da non dimenticare. Così il governo si esprimeva un anno fa, immediatamente dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, che sembrava aver segnato un prima e un dopo, quantomeno nella coscienza collettiva.
Ma di tutti quegli slogan, cosa è rimasto in concreto? Cerchiamo di capire cosa è cambiato finora, ma soprattutto tutto quello che non è stato fatto per contrastare la violenza di genere.
Torniamo indietro a un anno fa, quando il ministro dell'Istruzione, Giuseppe Valditara, presentava il progetto del governo per combattere la violenza contro le donne. Si chiamava “Educare alle relazioni” e nasceva come iniziativa rivolta alle scuole per discutere insieme ai ragazzi di maschilismo, violenza di genere e patriarcato. Per il progetto erano stati stanziati 15 milioni di euro e l'idea era di creare gruppi di discussione con studenti e insegnanti, a cui partecipare anche esperti e psicologi. I corsi-moduli di 30 ore da un'ora alla settimana erano stati pensati come attività facoltative e extracurricolari, da svolgere al di fuori dell'orario scolastico normale.
Ma che fine ha fatto quel progetto? Adesso sembra essere rimasto solo sulla carta. Basti pensare che il FONAG, il Forum di genitori che avrebbe dovuto coordinare l'iniziativa, non sono mai stato convocato e non è possibile neanche conoscerne le scuole effettivamente aderite, poiché non è mai partito un monitoraggio vero e proprio. Le scorse settimane, il ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha risposto a un'interrogazione sulla questione, dicendo che l'attivazione dei progetti è rimessa alle istituzioni scolastiche, chiarando che viene in causa il rispetto dell'autonomia scolastica.
Ma non è l'unica cosa di cui si discute. Prima dell'inizio di quest'anno scolastico, il Ministero ha emanato le nuove linee guida per l'educazione civica obbligatoria. Ci si aspettava che un capitolo sia stato dedicato alla violenza di genere e all'educazione all'affettività. Peccato che, alla fine, nel documento compaia solo un breve riferimento alla cultura di rispetto delle donne, niente di più. D'altronde, Valditara l'ha detto chiaramente, la lotta al patriarcato è solo ideologia.
Tra le altre cose, il ministro sostiene che l'aumento delle violenze sessuali in Italia è legato in qualche modo all'immigrazione irregolare. Occorre anche non far finta di non vedere che l'incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da un'immigrazione illegale. Le sue parole pronunciate alla presentazione della Fondazione per Giulia Cecchettin, che lo ricordiamo è stata uccisa da un uomo bianco e italiano, hanno fatto discutere soprattutto perché non esistono dati che lo provino, nonostante Meloni e Salvini dicano il contrario. Anzi, gli stessi rapporti del Ministero dell'Interno smentiscono tutti e tre, es. le ultime statistiche sugli omicidi ci dicono che il 93,9% delle donne vittime è stata uccisa da uomini italiani e non stranieri. E anche per quel che riguarda le violenze sessuali, non è possibile dire che ci sia un legame con l'immigrazione irregolare, poiché i dati disponibili non distinguono tra persone di origine straniera che vivono qui regolarmente e immigrati irregolari.
Tornando alle misure messe in campo dal governo, anche sulla commissione contro il bullismo e la violenza giovanile, si è creata parecchia confusione. Per farla breve, Valditara ha annunciato di aver assegnato il ruolo di coordinatore al noto psichiatra, Paolo Crepet, con l'incarico di gestire un programma sull'educazione affettiva nelle scuole. Crepet, tuttavia, lo ha smentito e ha precisato che al momento il progetto non esiste. Il ministro ha poi ratificato, assicurando di avere pronta una bozza di proposta di incarico da tempo. Si parla di introdurre l'educazione sessuale nelle scuole, dato che l'Italia è tra quei pochi paesi dell'Unione Europea che non l'ha resa materia obbligatoria. La deputata del M5S, Stefania Scari, ha presentato un testo di legge che prevede proprio la creazione di percorsi in cui insegnare ai ragazzi a riconoscere le loro emozioni e confrontarsi sui temi della sessualità. Ma la sua proposta è ferma in commissione alla Camera, dove ancora aspetta di essere discussi. In realtà, una proposta simile era già stata depositata nella scorsa legislatura. Ma anche in quel caso si era concluso in un nulla di fatto.
In generale, la comunicazione della politica sulla violenza di genere scarseggia. Sapete quando è stata l'ultima volta che Giorgia Meloni ha parlato di questi temi sui suoi profili social? Il 25 novembre 2023, esattamente un anno fa, per la Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne. Ma il problema riguarda senza distinzioni sia la destra che la sinistra. Action Aid assieme all'Osservatorio di Pavia ha analizzato quante volte i politici hanno trattato questi argomenti sui loro account ufficiali nell'ultimo anno. Ebbene, su 300 post pubblicati tra Facebook e Instagram, a malapena 1,5% riguardava la violenza di genere. È chiaro che questo dato non ci dice in assoluto chiaro quanto impegno viene dedicato al contrasto ai femminicidi, al reveng, allo stalking, ma certamente ci dice un'idea della tienzione che i partiti concentrano sulla questione.
Resta una domanda: cosa è cambiato finora? Sono i numeri in parte a dirlo, e la risposta non è incoraggiante. L'ultimo rapporto del Ministero dell'Interno parla di 98 feminicidi avvenuti quest'anno in Italia, di cui 83 in ambito familiare. Di queste donne, ben 51 sono state uccise da un compagno o da un ex. Poi ci sono le chiamate all'15522, il numero di pubblica utilità messo a disposizione per le vittime di violenza. Nei primi 6 mesi del 2024 sono state quasi 33.000, il 70% in più rispetto allo scorso anno. Sono dati che non si possono ignorare, perché al di là dei proclami nelle giornate internazionali o dei grandi annunci, le donne continuano a essere uccise, stuprate, a subire violenza, stalking o molestie. Gli ultimi anni, infatti, i numeri sono rimasti sostanzialmente identici, con un trend costante nel tempo. Insomma, l'emergenza c'è ed è di fronte agli occhi di tutti. Cosa vuole fare veramente il governo Meloni per fermarla? Se sei vittima di stalking e violenza, chiama il numero 1522 gratuito e attivo 24 ore su 24 per parlare con operatrici specializzate per aiuto e sostegno.