Yankee go home, era tutto quel che sapevamo gridare e avevamo torto marcio
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Yankee go home, era tutto quel che sapevamo gridare e avevamo torto marcio

Yankee go home, era tutto quel che sapevamo gridare e avevamo torto marcio

“Papà, oggi andiamo a giù-le mani-dal-Vietnam?”. Non oggi, piccola figlia: oggi prepariamo le bandiere americani da bruciare e domani grideremo “Yankee, go home”. Anche in spagnolo per via di Cuba: “Yanqui, go home”. Poi qualcosa dal maggio francese: “Ce n'est qu'un début, continuons le combat”. È solo l'inizio, continuiamo a batterci. Ma fuori l'America, fuori gli imperialisti e la Cia.
Era la metà degli anni Sessanta e la guerra del Vietnam occupava tutto lo spazio emotivo del grande gioco delle manifestazioni globali parigine, romane e milanesi; e a Berlino – ma solo nel settore Ovest -, perché a Berlino Est, settore sovietico, non succedeva mai niente. I nomi dei presidenti americani, se in visita e subito affrontati nelle strade, prendevano il…

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