Yara e Bossetti: ” non deve esserci per forza un legame speciale con la vittima”

Yara e Bossetti: ” non deve esserci per forza un legame speciale con la vittima”

Yara e Bossetti: ” non deve esserci per forza un legame speciale con la vittima”

Nella recente puntata del programma “Incidente Probatorio”, la criminologa e psicologa forense Silvia Mangiapelo ha analizzato il profilo psicologico di Massimo Bossetti, condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio. Secondo Mangiapelo, Bossetti non ha mai mostrato grande empatia e aveva una personalità caratterizzata da idee di grandiosità, come se vivesse in una realtà parallela.

Mangiapelo sostiene che l’assenza di movente nell’omicidio di Yara Gambirasio abbia creato confusione nell’opinione pubblica, portando alcune persone a dubitare della colpevolezza di Bossetti. Tuttavia, la criminologa sottolinea che l’assenza di un legame diretto con la vittima non esclude la possibilità di un’aggressione mirata a un prototipo di vittima specifico.

Mangiapelo fa riferimento a recenti casi di cronaca, come quello di Sharon Verzeni, per sostenere che gli assassini possono avere un prototipo di vittima in mente, caratterizzato da specifiche caratteristiche, come ad esempio l’età. Nel caso di Bossetti, le ricerche che aveva condotto nei mesi precedenti all’omicidio di Yara suggeriscono che fosse interessato a rapporti con ragazze molto giovani, tra i 12 e i 13 anni.

Secondo Mangiapelo, Bossetti ha una mente disturbata, probabilmente caratterizzata da un disturbo della parafilia e della condotta sessuale, con un oggetto pulsionale specifico, ovvero le caratteristiche che ritrovava in Yara. In sintesi, l’analisi di Mangiapelo suggerisce che Bossetti abbia agito in base a una spinta sessuale distorta, mirata a un prototipo di vittima specifico, e non necessariamente in base a un legame personale con la vittima.


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